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Roma è in bolletta Il Giubileo lo paghi il Papa

L'Italia è sommersa dai guai ed è chiamata a un compito più grande di essa: accogliere i cristiani per l'anno santo

Roma è in bolletta Il Giubileo lo paghi il Papa

Una volta il Giubileo si svolgeva ogni 25 anni, era un evento mondiale. Lo chiamavano Anno santo in quanto dedicato alla remissione dei peccati. Adesso, forse perché si pecca di più (sarà vero o l'umanità è sempre stata incline a sgarrare?), si tende ad accorciare i tempi tra una penitenza sacramentale e l'altra. L'ultima delle quali avvenne nel 2000, quando il Papa era Giovanni Paolo II. Fu un Giubileo memorabile perché l'allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli, disponeva di molto denaro (chissà dove lo prendeva?) e spese, per rendere idonea la Città eterna in quella circostanza, la bellezza di 1 miliardo e 700 milioni di euro.

Furono realizzate opere importanti che valsero al primo cittadino della capitale una buona fama di amministratore. Altra epoca, si dirà. La crisi era di là da venire e nessuno sospettava che sarebbe arrivata solo otto anni più tardi. Ora l'Italia è in bolletta, ciononostante è chiamata a elargire soldi in quantità sufficiente a ospitare milioni di pellegrini. Illusione.

Il fondo del barile è stato raschiato e il Campidoglio sta peggio della Grecia: non ha il becco di un quattrino per fronteggiare la spesa corrente, figuriamoci se è in grado di investire somme rilevanti per fornire una cornice adatta alla manifestazione religiosa. Papa Francesco probabilmente non è esperto di contabilità e gli sfugge il particolare che per organizzare una metropoli, peraltro già disastrata, in modo che sia all'altezza di ospitare tanti fedeli, servono somme ingenti al momento irreperibili.

Dicevamo che Roma è già in caduta libera verso il fallimento: sprofonda nei debiti, ogni due per tre bussa cassa per ottenere liquidi dallo Stato, è più sporca e abbandonata di Atene, i quartieri periferici sono latrine a cielo aperto, perfino le strade del centro sono disseminate di buche e coperte da strati vomitevoli di immondizia. A onta di questa situazione drammatica, qualche genio ha proposto di assegnare alla città le Olimpiadi del 2024, come se si trattasse di allocare 20 atleti specialisti nella corsa nei sacchi e di dare vita a una sagra di paese.

Non bastasse questa forma di ottusità programmatica, eccoci a doverci preoccupare del Giubileo pure in mancanza di risorse. Le Borse crollano, la Cina traballa e l'Occidente idem; l'Italia è sommersa dai guai ed è chiamata a un compito più grande di essa: stendere tappeti rossi a una folla di cristiani alla quale bisognerà provvedere.

Viene spontaneo chiedere al Pontefice: prima di ideare il Giubileo, non si è domandato chi salderà il conto? Non solo la Chiesa ci prega di ricevere tutti gli africani e i mediorientali in cerca di asilo, sostentamento, casa e lavoro; di fatto, pretende che il nostro svitato Paese si adoperi anche per sistemare alla meglio schiere di credenti, cui va la nostra solidarietà e la nostra simpatia, ma non altro: perché altro non abbiamo. Nemmeno un euro.

A meno che il Vaticano non ci regali una parte delle sue sostanze. Accettiamo anche immobili. Altrimenti il Giubileo sarà allegro come un funerale. Santità, in questo caso non siamo nelle mani di Dio, bensì in quelle di Ignazio Marino.

Fossi in lei, non sarei tranquillo.

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