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Roma liberata

Dopo essersi asserragliato in Campidoglio, alla fine è costretto a lasciare, ma minaccia: posso ripensarci. Per Renzi e il Pd è una figuraccia capitale

Roma liberata

Da marziano a sciagurato. Alla fine Ignazio Marino si è dimesso. Ma per quanto il Pd cerchi di far apparire il sindaco un caso clinico, quello di Marino è un caso politico. Roma è il ventre molle del renzismo. È l'acqua marcia. È uno specchio. È una maschera ipocrita che mostra il vero volto del Pd. Matteo finge di non riconoscere Ignazio, sta cercando di far passare la lettura che il sindaco sia un'anomalia, un organismo geneticamente modificato. Tutto questo per nascondere il grande errore politico del premier-segretario. La colpa a sinistra non è mai del capo, ma del marziano o di chi, come Orfini, al marziano ha offerto asilo e cittadinanza. E invece Marino viene dal ventre del Pd. È arrivato al Campidoglio passando per le primarie, votato ed eletto con la benedizione del partito. Non è un corpo estraneo. È il volto romano di Renzi. Quando fu eletto più o meno tutti salirono sul suo carro, compreso l'allora sindaco di Firenze, anzi, lui più di molti altri. Adesso Renzi si presenta come quello che ha scelto di defenestrarlo senza indugi. Falso anche questo. Il segretario del Pd ha temporeggiato, ha aspettato che la nottata passasse, cercando di commissariare con prefetti, magistrati, vecchi volponi della politica, burocrati e volti nuovi lo «sciagurato» Marino. Facciamo in modo che non faccia danni. Evitiamo che amministri il Giubileo. Spediamolo in vacanza all'estero. Oscuriamolo. E facciamo in modo che non parli. Invece Marino, coperto dal Pd, ha fatto danni, ha messo becco, non è sparito, ha viaggiato con i soldi dei contribuenti e non ha mai smesso di parlare. Renzi solo adesso si è accorto che Roma è sventrata e svergognata. Troppo tardi. Al punto in cui siamo nemmeno le dimissioni possono salvare Roma e redimere Marino e Renzi. Ma la ricetta della sinistra è sempre la stessa: ipocrisia. E fa rabbia sentire Serena Dandini dichiarare: «Marino deve dimettersi, ma fa tenerezza». Tenerezza? Chieda ai romani quale sentimento provano nei confronti del loro sindaco. Ma soprattutto basta con questa doppia morale che un incapace di destra sia uno zozzone da mettere alla gogna, mentre uno di sinistra è un povero diavolo, con mille alibi e giustificazioni di ogni genere. E la stessa ipocrita tenerezza emerge dai pm di Roma, che tergiversano davanti al reato di peculato, dicendo: dobbiamo valutare, seguiamo gli sviluppi. In altri casi non hanno certo avuto tutte queste attenzioni.

Eppure dalle macerie di Marino può, finalmente, nascere una Roma migliore. Asfaltati buche e Pd, ripulite mafie e clientele, proprio la Capitale può diventare un'occasione unica. Con quelle di Milano, le elezioni di Roma possono trasformarsi in un nuovo inizio per il centrodestra, a condizione che si scelgano i candidati giusti e si rottamino gelosie e beghe personali. Perché a Roma, così come a Milano, si può vincere. E sarebbe il primo vero stop alla marcia trionfale di Renzi. Alfio Marchini, da tempo corteggiato dal centrodestra e ben visto dal Cavaliere, potrebbe essere la carta vincente. La sua lista è radicata sul territorio, conosce i problemi della città e già da solo vale circa il 20 per cento.

È il momento di scegliere: rinunciare a Marchini per inseguire illusioni personali è un suicidio.

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