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Sì ai migranti in Albania. "Non è una Guantanamo"

Il Parlamento approva l'accordo Rama-Meloni sul nuovo Cpr che ora andrà ratificato. Il ministro Tajani: "Diritti garantiti"

Sì ai migranti in Albania. "Non è una Guantanamo"

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Contenta l'opposizione, contenti tutti. Il protocollo d'intesa sui migranti tra Italia e Albania incassa l'ok del Parlamento - come chiedevano Pd, Iv, Verdi-Sinistra e Cinque stelle - e verrà ratificato con un disegno di legge «per un efficace e urgente attuazione». I sì sono stati 189, i no 126. «È un tassello significativo nella strategia del governo», sottolinea alla Camera il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani: «Prevenire le partenze irregolari, rafforzare le frontiere esterne, combattere gli scafisti, migliorare il sistema dei rimpatri, ampliare i canali di migrazione legale, accogliere chi ha diritto alla protezione internazionale», ribadisce l'esponente azzurro.

L'accordo con l'Albania siglato qualche settimana fa dai due premier Giorgia Meloni ed Edi Rama fa parte di un'intesa tra i due Paesi che spazia dalla giustizia alla previdenza, «basata anche sulla comune appartenenza all'Alleanza Atlantica», in vista del prossimo ingresso di Tirana nell'Unione europea. «L'Albania concederà gratuitamente all'Italia due aree in cui vigerà la normativa italiana, europea e internazionale in materia di immigrazione - al porto di Shengjin e all'aeroporto di Gjader, poco lontano - per prima assistenza, rilevamento segnaletico ed esame della domanda di protezione internazionale», spiega Tajani.

Saranno procedure italiane, con personale italiano e autorità italiane, nei confronti di «richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri o migranti che abbiano già presentato domanda di asilo in attesa di rimpatrio». In nessun caso ci saranno minori e donne in gravidanza. Ristrutturazione del Porto, costruzione e gestione del Cpr (capiente per non più di tremila richiedenti) saranno a carico dell'Italia, compresi eventuali risarcimenti da contenziosi, per cui l'Italia anticiperà 16,5 milioni. Il governo rimborserà a Tirana sia i costi sostenuti per la vigilanza della polizia albanese all'esterno delle strutture, sia gli eventuali ricoveri ospedalieri dei migranti sia l'accoglienza dei migranti che chiedessero asilo in Albania, come in fondo spera Rama.

Altro che «Guantanamo all'italiana», altro che «deportazione» o nuova Ruanda, sottolinea ancora Tajani rivolgendosi all'opposizione, che ha accostato l'intesa Rama-Meloni al piano pensato dal premier inglese Rishi Sunak, respinto dalla Royal Court of Justice britannica. Anche importanti esponenti Ue hanno commentato favorevolmente l'intesa, dal cancelliere tedesco Olaf Scholz alla commissaria Ue socialdemocratica agli Affari interni Ylva Johansson, perché «non esternalizza a un Paese terzo la gestione delle domande di asilo e non deroga ai diritti internazionalmente garantiti».

È all'opposizione che Tajani sottolinea la volontà del governo di sottoporre al Parlamento la ratifica del protocollo, diversamente da quello che fece l'allora premier Claudio Gentiloni con la Libia nel 2017. La risposta è un fuoco di paglia: «Accordo inutile, fuffa elettorale», dice Carlo Calenda di Azione. «Ci lascia perplessi», spara Naike Gruppioni di Italia Viva. Ma è la sinistra che si spacca, con M5S che si sfila dalla risoluzione unitaria: «Noi siamo per la terza via sull'immigrazione».

Niente a che vedere con quello che ha fatto in Albania l'opposizione a Rama, colpa di un fumogeno in Parlamento sfuggito di mano. «Seminano discorda, caos, violenza e raccogliendo solo sconfitte su sconfitte», ha detto uno sconsolato Rama. «Il governo va a sbattere il muso sulla Costituzione», sibila Elly Schlein del Pd. Per la sinistra il solo passaggio dalle Camere per la ratifica ha il sapore di una vittoria di Pirro, il re degli Epiri.

Il cui regno, guarda caso, era a sud dell'odierna Albania.

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