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Sì all'adozione gay: è la prima in Italia

Una delle due mamme, sposate all'estero, aveva fatto ricorso all'eterologa. Reazioni bipartisan: «Scavalcato il Parlamento»

RomaArriva, per via giudiziaria, la prima adozione gay italiana. Ad aprile i giudici di Grosseto avevano ordinato la trascrizione delle nozze all'estero tra due gay. Ora il tribunale dei minori di Roma fa un altro passo, e accoglie il ricorso per l'adozione di una coppia di donne che cinque anni fa aveva avuto una figlia, concepita all'estero con fecondazione eterologa.

La madre biologica della bimba e la sua compagna, residenti a Roma da dieci anni dopo essersi sposate in Spagna, si erano rivolte al tribunale per veder riconosciuta la stepchild adoption (ossia l'adozione del figlio del partner) con l'assistenza dell'Aiaf, Associazione italiana avvocati famiglia e minori. E i giudici il 30 giugno, nonostante il parere contrario del pm, hanno accolto il ricorso in base all'articolo 44 della legge sull'adozione. La norma disciplina i «casi particolari» e, alla lettera d), consente che il minore venga adottato «quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo». Una norma per i minori abbandonati che il tribunale ha interpretato, a differenza del pm, in maniera estensiva, considerando l'impossibilità non solo «di fatto» (per permettere al minore in abbandono di essere adottato senza affidamento preadottivo) ma anche «di diritto», spiega la sentenza, per «tutelare l'interesse di minori (anche non in stato di abbandono) al riconoscimento giuridico di rapporti di genitorialità più compiuti e completi». Il tutto «nell'interesse superiore del minore».

Eppure la clamorosa sentenza del tribunale (depositata il 30 luglio) per la presidente dell'Aiaf Friuli, l'avvocato Maria Antonia Pili, non segna il riconoscimento di un «nuovo» diritto, ma solo l'applicazione «a una situazione di fatto già consolidata» di una norma che «non contiene discriminazione tra coppie conviventi, eterosessuali o omosessuali». In realtà, come detto, la sentenza, firmata dal presidente del collegio, il giudice Carmela Cavallo, «interpreta» con una certa larghezza, ritenendo la norma applicabile a «nuove forme di genitorialità». Nel caso della coppia romana, «genitorialità “diversa” ma parimenti sana e meritevole di essere riconosciuta in quanto tale», per i giudici. E tra i motivi al via libera all'«adozione in casi particolari» per la coppia gay, il collegio spiega di ritenere «che il desiderio di avere dei figli, naturali o adottati» rientri nel diritto di «vivere liberamente la propria condizione di coppia». Diritto riconosciuto dalla Consulta in una sentenza che, però, negava la trascrivibilità di un matrimonio tra gay contratto all'estero.

Naturalmente, la breccia giudiziaria alle adozioni gay ha scatenato reazioni e polemiche. Le associazioni per i diritti omosessuali esultano, mentre la politica, in modo univoco, rimarca lo «scavalcamento» del Parlamento da parte del tribunale capitolino. Ma se il senatore azzurro Lucio Malan parla di «colpo di Stato» e Maurizio Gasparri vuol denunciare i magistrati «golpisti», il fronte dei «pro» bacchetta proprio il Parlamento, che «si fa dettare l'agenda dei diritti civili da un tribunale», spiega il senatore Pd Sergio Lo Giudice. Se la sinistra plaude, il centrodestra annuncia battaglia. «Sentenza ideologica e drammatica», spiega il presidente di Fdi Giorgia Meloni, con Ignazio La Russa che propone di «inserire in Costituzione il divieto di adozioni per le coppie dello stesso sesso». Da Ncd arrivano le bordate di Carlo Giovanardi («sentenza eversiva») e di Gaetano Quagliarello («Il sistema giudiziario rispetti e applichi le leggi»), mentre il leader della Destra Francesco Storace si affida a un tweet : «Ciao mammo. Stasera esco, ho voglia di fare un bimbo.

Conosci nessuno in tribunale?».

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