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Sbarchi, Lamorgese scivola sui numeri e Salvini se la ride: "Aumentati con lei"

Il ministro dell'Interno attacca il predecessore, che ha gioco facile nello smentirla. La vita difficile dei tecnici in politica

Sbarchi, Lamorgese scivola sui numeri e Salvini se la ride: "Aumentati con lei"

Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese è stata sicuramente un valente prefetto e un ottimo funzionario. E da ministro certamente non lesina il tempo e l'impegno dedicati a un apparato complesso come il Viminale. Ma come ammette nell'intervista di ieri a Repubblica la «politica non mi appartiene». E questo preoccupa. Difficile, infatti, scordare i danni provocati dagli stimati quanto nefasti tecnici del governo Monti cominciando dall'allora presidente del Consiglio e terminando con la professoressa Elsa Fornero, responsabile di una riforma delle pensioni da brivido o peggio con il generale Giampaolo di Paola protagonista della restituzione dei marò all'India. La scarsa attitudine alla politica della Lamorgese era già emersa a Malta quando, al primo impegno internazionale, cadde nella rete degli omologhi di Francia e Germania pronti a sedurla con una redistribuzione dei profughi destinata a non venir mai ratificata a livello europeo.

Ma la scarsa attitudine figlia della convinzione che in politica, come in ufficio, basti mettere le carte al loro posto emerge anche dall'intervista a Repubblica. Dimentica della battuta di un Rino Formica sulla politica «sangue e m...» il ministro si presenta come uno scolaretto ligio e preparato pronto a spiegare il proprio operato a ogni domanda. Ma quando sostiene che «nel 2019 gli arrivi sono stati circa 9.600 rispetto ai 22mila di tutto il 2018» dimentica che è stata la politica dei porti chiusi e la guerra alle Ong - avviata da Salvini dal primo giugno 2018 - a far sì che i 13.430 sbarchi dei primi cinque mesi di quell'anno si riducessero a 9.940 nei sette mesi successivi. Costretta a un impietoso confronto tra i 947 sbarchi del settembre 2018 e i 2.498 di un settembre 2019 coinciso con il suo arrivo al Viminale e la conseguente riapertura dei porti, la Lamorgese si rifugia in corner attribuendo la differenza «all'aumento degli sbarchi autonomi, che non costituisce un fenomeno nuovo». E quando difende il «patto di Malta» ricordando che Francia e Germania si prenderanno il 72% dei 104 migranti della Ocean Viking sbarcati a Pozzallo, dimentica che il primo a negare qualsiasi accordo permanente sulla redistribuzione è il suo omologo tedesco Horst Seehofer. Quando smentisce la notizia pubblicata dal quotidiano tedesco Die Welt, e ripresa da Il Giornale secondo cui avrebbe già accettato il piano di Berlino per restituirci ogni mese 50 «irregolari» transitati dal nostro Paese alla Germania dimentica che il primo a dire «no» alle riconsegne di massa con i voli charter è stato Salvini.

E alla fine anche il successo vantato dal ministro nel settore rimpatri con la restituzione di 247 dei 379 tunisini arrivati a ottobre non rappresenta una novità. La Tunisia è, infatti, uno dei quattro paesi con cui abbiamo da tempo un'intesa per il rimpatrio degli irregolari. Ma quel che più si nota è l'assenza nell'insieme delle risposte di una visione complessiva del problema immigrazione e delle sue possibili soluzioni. Visioni e soluzioni offerte - nel bene o nel male - da due predecessori diversissimi e opposti come Marco Minniti e Matteo Salvini. Così alla fine il compitino inappuntabile della Lamorgese diventa il «parterre» perfetto per gli affondi di un Salvini prontissimo a rinfacciarle di non conoscere nemmeno i dati del Viminale che comprovano un incremento degli sbarchi sia a settembre (2.498 nel 2019 contro i 947 del 2018) sia a ottobre (2.015 contro i 1.007 di un anno fa).

«Ovvero - chiosa Salvini - da quando c'è lei».

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