Politica estera

Scacco a Erdogan. Perde tutte le città

Il laico Imamoglu (ri)trionfa a Istanbul. L'Akp non è più primo partito. Sultano in crisi

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L'era del sultano moderno sta iniziando a incrinarsi a colpi di voti. Le amministrative in Turchia con 61 milioni di cittadini alle urne hanno segnato una cocente sconfitta per il presidente Recep Tayyip Erdogan e il suo partito Akp, islamico-conservatore. La più dolorosa in oltre 20 anni di potere. Erdogan aveva puntato tutto sullo strappare all'opposizione la poltrona di primo cittadino a Istanbul. Lui stesso iniziò l'ascesa politica dalla città sul Bosforo di 16 milioni di abitanti con la famosa frase «chi governa Istanbul governa la Turchia».

Il sindaco uscente, Ekrem Imamoglu, non solo ha mantenuto la poltrona, ma stravinto conquistando quartieri considerati roccaforte dei conservatori islamici. L'esponente di spicco del Partito repubblicano popolare (Chp), socialdemocratico, ha ipotecato, con questa vittoria, la candidatura alle presidenziali del 2028. Soprattutto se sarà in grado di creare una solida alleanza d'opposizione e se Erdogan, come ha già fatto trapelare, deciderà di ritirarsi dalla vita politica. «Oggi avete aperto la porta a un nuovo futuro. La Turchia è una Turchia diversa. Avete aperto la porta all'arrivo della democrazia, dell'uguaglianza e della libertà. Avete innescato la speranza», ha dichiarato Imamoglu ai sostenitori e al paese. Erdogan ha ammesso la sconfitta e gli va riconosciuto il rispetto del voto: «Indipendentemente dal risultato, il vincitore di questa elezione è la democrazia. Non abbiamo sfortunatamente ottenuto il risultato che volevamo ma ricostruiremo la fiducia nei luoghi in cui il nostro Paese ha scelto altri». L'anno scorso aveva vinto di misura le elezioni nazionali in una Turchia spaccata a metà. Questa volta l'opposizione ha vinto in tutte le principali città: da Istanbul, ad Ankara, la capitale, dalla cosmopolita Smirne a Bursa e Adana. Non solo: è stato eroso il potere del partito di Erdogan anche nelle zone rurali, più conservatrici. Dopo 22 anni l'Akp perde lo scettro di prima forza del Paese e scende, mai accaduto prima, sotto il 36%. Il Chp dopo 25 anni supera il limite del 27% e conquista il 37%.

Mansur Yavas ha battuto ad Ankara il candidato sostenuto dal presidente con 30 punti di distacco, ma tutti i riflettori sono puntati su Imamoglu rieletto sindaco a Istanbul con 11 lunghezze in più. A suo agio nei mercati, in mezzo al popolo, vicino alle casalinghe che indossano il velo e strenuo paladino delle libertà sociali e civili è amico sia degli operai che degli industriali. E proviene dal mondo degli affari. La sua biografia è simile a quella di Erdogan: entrambi hanno guidato Istanbul e contano su radici familiari nella regione orientale che si affaccia sul Mar Nero. I tribunali turchi hanno cercato di tagliare le gambe a tutti e due, inutilmente. In gioventù erano appassionati calciatori, ma li dividono le idee: il presidente in carica ha rimodellato in versione islamista lo stato turco e il suo rivale politico, che potrebbe detronizzarlo, è un paladino della laicità.

Un peso importante nel risultato è dovuto alla crisi economica e alla svalutazione della lira turca rispetto al dollaro con l'inflazione al 67%. Il portavoce di Erdogan ha escluso elezioni anticipate prima della scadenza naturale del 2028.

La strada è ancora lunga, ma l'opposizione e il suo leader in pectore, Imamoglu, avranno tutto il tempo per prepararsi a detronizzare democraticamente il Sultano.

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