Cronache

Se due boss parlano di te non ti puoi candidare

Sentenza choc della Cassazione: basta che un politico sia nominato in un'intercettazione tra mafiosi per escluderlo dalle liste elettorali

Se due boss parlano di te non ti puoi candidare

Non è un mafioso e nemmeno un criminale ma i boss hanno fatto il suo nome. Questo basta e avanza per sbarrargli la strada della politica. Incandidabile, anche se presunto innocente. Di più: estraneo all'inchiesta da cui arriva l'intercettazione che l'ha inchiodato. Paradosso e realtà nella Sicilia di oggi: una storia piccola, riguardante un consigliere comunale di Misilmeri (Palermo), ma grande nelle conseguenze. Perché Giampiero Marchese non solo non era stato arrestato e nemmeno aveva avuto un avviso di garanzia. Marchese non aveva neppure partecipato a quella chiacchierata. Niente di niente. Non importa. La Cassazione conferma la sentenza del tribunale civile di Termini Imerese che aveva dichiarato Marchese, ex componente del consiglio comunale di Misilmeri, incandidabile. Poteva sembrare che i giudici di primo grado si fossero spinti troppo in là, marchiando la reputazione di un uomo di cui si parlava con una certa disinvoltura in una conversazione captata da una cimice degli investigatori. E invece no: la Suprema corte mette il timbro su quel verdetto, anche se Marchese non c'entra nulla con questa indagine.Dunque, il punto di partenza è una chiacchierata fra Francesco Lo Gerfo, ritenuto il capo del mandamento mafioso di Misilmeri, e Mariano Falletta, affiliato alla famiglia del posto. I due discutono e ad un certo punto emerge che nel 2010 Marchese si era rivolto a Lo Gerfo per chiedergli un sostegno elettorale. Mossa, a quanto sostengono gli investigatori, azzeccata perché Marchese aveva ottenuto un «numero di preferenze così rilevante da giustificare l'attribuzione della carica di vicepresidente del Consiglio comunale». E in quella veste avrebbe esercitato pressioni per mettere mano al piano regolatore. Piccolo particolare: anche di questo pressing non c'era traccia diretta ma solo quanto raccontato in un'intercettazione fra altri due mafiosi. E poi, ulteriore dettaglio che lascia perplessi, gli stessi magistrati riconoscono che Marchese non riuscì ad incidere sul piano regolatore.Gira e rigira si torna al punto di partenza. Ma che cosa ha fatto in concreto l'ex amministratore comunale, a parte l'essere citato da questo o quel boss?La risposta non è chiara, ma la Cassazione ragiona in un altro modo. E bolla Marchese senza tanti giri di parole: per l'incandidabilità, «non si richiede infatti necessariamente la prova di comportamenti idonei a determinare la responsabilità personale, anche penale, degli amministratori o a evidenziare il loro specifico intento di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, risultando invece sufficiente l'acquisizione di elementi idonei a far presumere l'esistenza di collegamenti con quest'ultima».

E così le parole di due mafiosi, chissà se sinceri, mettono fuori gioco il voto degli elettori.

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