Elezioni Europee 2019

La seconda traversata del deserto: dal golpe in Senato all'euroseggio

Il Cavaliere torna da vincitore nel club degli statisti sei anni dopo la "cacciata" dal Parlamento italiano. E darà battaglia

La seconda traversata del deserto: dal golpe in Senato all'euroseggio

Roma - «Il futuro dell'Europa? Eccomi, sono io». Eccolo infatti, Silvio Berlusconi, in palla nonostante i recenti acciacchi, gasato per il nuovo miracolo politico, euforico dopo essere rientrato dalla porta principale nel club degli statisti. Tribunali, polemiche, ricorsi e servizi sociali. Sei anni duri, ma il Cavaliere è ritornato in sella: dal golpe giudiziario all'Europarlamento, dalla decadenza al grande riscatto nelle urne. La seconda, lunga, traversata nel deserto è finita.

A Bruxelles ha già preso casa, una villa nel quartiere delle ambasciate con piscina, palestra e sale per ricevere gli altri leader. «Sarò il leader più autorevole dell'Unione. Aver mandato il sottoscritto in Europa significa aver investito su un personaggio di grande prestigio che sarà farsi valere con tutti». Altro che «il peso piuma» Giuseppe Conte o gli altri che adesso comandano in Italia. «Sono rozzi, inesperti e incompetenti. Prima insultano la Commissione, poi chiedono favori». Lui invece ora ritroverà i vecchi amici, dalla Merkel a Daul, da Weber a Orban, con i quali potrà trattare quanto meno da pari a pari.

Si concludono così, con un trionfo personale, sei anni di vero calvario. Era cominciato il primo agosto 2013, con la sentenza che ha cambiato un pezzo di storia d'Italia, la condanna a quattro anni per frode fiscale per il caso dei diritti Mediaset, il milionesimo procedimento ai suoi danni. Tre anni condonati, uno da scontare con un servizio sociale. Berlusconi scelse l'assistenza agli anziani in un istituto a Cesano Boscone.

Diventato incandidabile per effetto delle legge Severino, il Cav finì sotto processo anche della giunta per le immunità del Senato. All'epoca il centrodestra unito si chiamava Pdl ed era una delle due architravi del governo di unità nazionale guidato da Enrico Letta. Le grande intese, che avevano portato anche al secondo mandato al Quirinale di Giorgio Napolitano, si erano rese necessarie per superare lo stallo dopo il tentativo fallito di Pier Luigi Bersani di formare un governo con i Cinque Stelle.

Un equilibrio precario, già messo a rischio dalla sentenza Mediaset. Poi, a far crollare tutto, la decisione del Pd il 4 ottobre di schierarsi in giunta con chi riteneva che la legge Severino fosse applicabile anche in maniera retroattiva. Qualche giorno dopo il centrodestra confermò ancora la fiducia a Letta, ma il 28 novembre, quando Palazzo Madama votò la decadenza di Sivio Berlusconi da senatore, il quadro cambiò di colpo.

L'uscita del Cavaliere dalla maggioranza. La secessione di Alfano, che decise invece di restare con Letta. La rinascita di Forza Italia. «Io non mollo», disse Berlusconi in quei giorni, mentre i suoi legali presentavano un ricorso alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Infatti ha tenuto botta, è uscito dal Parlamento ma ha continuato a pesare nella vita politica del Paese. Letta è durato ancora pochi mesi, poi nel febbraio successivo Matteo Renzi lo ha defenestrato da Palazzo Chigi, riaprendo il dialogo con Forza Italia.

Era l'anno del Patto del Nazareno, il grande accordo sulle riforme e su una nuova legge elettorale. L'intesa è andata avanti fino a febbraio del 2015, quando Napolitano si dimise e il leader del Pd decise di puntare su Sergio Mattarella senza consultare Berlusconi. Intanto il Cav con il camice bianco si dava da fare nella mensa di Cusano.

Poi le rivincite. Un anno fa la riabilitazione da parte del tribunale di Milano, che ha cancellato l'incandidabilità. Adesso il seggio a Bruxelles. «Sarò l'unico leader italiano presente in Parlamento e difenderò gli interessi del Paese.

Ho ancora la fiducia del 25 per cento degli italiani».

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