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Quel Senato da incubo che dovrà decidere sui Trattati europei

Tremonti accusa: la riforma costituzionale lascia poteri di politica estera ai ras locali

Quel Senato da incubo che dovrà decidere sui Trattati europei

Brexit non è solo un episodio, ma potrebbe trasformarsi in un incubo per l'Italia. A ricordarlo è stato Giulio Tremonti, senatore Gal ed ex ministro dell'economia, nelle repliche alle comunicazioni del premier Renzi lunedì scorso a Palazzo Madama. All'ottimismo del presidente del Consiglio («La nuova Costituzione è fatta per difenderci») l'economista ha ricordato che la realtà potrebbe essere ben diversa. «Nel mondo - ha detto Tremonti - non c'è il caso di una Camera, quale sarebbe il nuovo Senato, con origine locale ma con competenza internazionale proiettata su una materia strategica e decisiva come quella europea» che incide per l'80% della legislazione interna italiana.

Gli articoli 55 e 70 della riforma Boschi conferiscono al nuovo Senato competenza legislativa in materia di rapporti dell'Italia con l'Ue. L'articolo 87, infine, dispone che il presidente della Repubblica ratifichi i trattati relativi all'Unione previa autorizzazione di entrambe le Camere. «Avremo diciotto sindaci casuali, a tempo parziale, sette padri della patria a tempo determinato (i senatori di nomina presidenziale; ndr) e circa settanta consiglieri regionali che avranno competenza sul rapporto dell'Italia con l'Ue e perciò sul nostro destino», ha ricordato Tremonti a Renzi rimarcando il «potere di voto, di veto e di ricatto» di Palazzo Madama.

Essendo svincolato dal voto di fiducia, i nuovi senatori potrebbero ostacolare l'attività del governo e il premier, per chiedere voti, «dovrà andarci in compagnia di indovini, di cartomanti o peggio», sostiene l'ex titolare di via XX Settembre. Queste considerazioni, analizzate oggi, potrebbero sembrare paradossali, ma basta l'esempio concreto delle direttive sulle banche e sui servizi finanziari per comprendere come qualsiasi governo, in tal caso, sarebbe impossibilitato nell'intervenire sul tema ove i senatori decidessero di testa loro. «Il bicameralismo non è stato affatto abolito, ma è stato concentrato, distorto» e la nuova Costituzione porterà verso «una confusione senza fine» in un momento nel quale l'Europa non è ancora in grado di imparare dagli errori commessi nel passato: una moneta unica senza l'unificazione politica ed economica, l'accettazione passiva dei fenomeni migratori e l'incapacità di reagire alle crisi sistemiche. Ecco perché, secondo Tremonti, è «una fortuna» che la sciagura della Brexit si sia verificata prima dell'entrata in vigore della riforma.

Allo stesso modo, appare sicuramente impreparato il governo nell'affrontare dal punto di vista legislativo le ricadute dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. renzi ha più volte rimarcato l'intenzione di cogliere le «opportunità» che potrebbero crearsi in seguito a questo evento, cercando di attrarre investimenti esteri. Ad esempio, con la creazione di zone a burocrazia zero nell'area Expo a Milano e in quella di Bagnoli a Napoli. In questo caso, il premier dimentica l'eredità di Tremonti che con la manovra estiva 2010 aveva disposto obblighi praticamente nulli per i nuovi insediamenti soprattutto nel Meridione. Dimenticanza che ha colto anche il neosindaco di Milano, Beppe Sala, che punta ad accogliere le istituzioni finanziarie che lasceranno la capitale britannica per trasferirsi altrove nell'Ue. A questo scopo sei anni fa la manovra tremontiana aveva studiato «il regime fiscale di attrazione europea», ossia la possibilità per gli investitori esteri in Italia di scegliere per i primi tre anni il regime fiscale comunitario più favorevole.

Stare a Milano pagando le tasse con le aliquote irlandesi è meglio.

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