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Serra e l'acquisto di azioni che imbarazza il premier

A Lussemburgo e nella City grandi manovre sui nostri istituti di credito. Il finanziere preferito di Renzi, suo grande sponsor, ha azioni del Banco popolare

Il finanziere Davide Serra
Il finanziere Davide Serra

Ognuno ha gli amici che si merita. E Matteo Renzi ha Davide Serra. Anche la sua camicia è bianca. Forse solo un po' più slim fit di quelle del segretario-premier. Stesso ciuffo e stessa faccia pulita da bravo ragazzo. Eccolo qua l'amico-finanziere di Matteo. Genovese, nato nel 1971, iscritto al Pd di Londra, che anche dalla City riesce a seminare grane belle grosse al presidente del Consiglio. Nel 2013 scatenò le ire di Pier Luigi Bersani nella polemica sui «banditi delle Cayman» e a ottobre, seduto a uno dei cento tavoli della Leopolda di Firenze, creò imbarazzi non da poco al Pd del « brother in arms » Renzi per aver inneggiato all'abolizione del diritto di sciopero che «è un costo» e per aver criticato la creatura del suo protetto, il Jobs Act che «doveva essere più aggressivo».

Oggi è immerso fino al collo nel caso Banche Popolari finite grazie a un decreto legge fortemente voluto da Renzi nelle mani di speculatori e fondi esteri. Fra questi c'è, appunto, il fondo d'investimento Algebris fondato da questo fenomeno della finanza che, dopo essersi negato per qualche giorno ai media che lo rincorrevano, ha confessato al Sole 24 Ore che «investiamo sulle banche popolari» e in particolare «abbiamo una specifica grande posizione», senza rivelare di quale banca si tratta (anche se dovrebbe essere il Banco Popolare), ma escludendo di avere operato in Borsa sulle popolari in questo inizio 2015. Sarà. Fatto sta che molti acquisti, sono partiti proprio da Londra e dal Lussemburgo e, sul filo dell' insider trading , hanno fatto incetta, con straordinario tempismo, di titoli delle banche popolari che Renzi ha poi trasformato in società per azioni.

Forse solo singolari coincidenze, che però si cozzano con fatti inoppugnabili. Renzi promuove una grande riforma bancaria senza sentire l'associazione di categoria e facendo guadagnare milioni di euro in pochi minuti a chi aveva le popolari in portafoglio. L'amico finanziere che sostiene Renzi a colpi di assegnoni sin dalla sua ascesa al potere, ha iniziato a comprare azioni delle popolari dal marzo 2014 facendo guadagnare ad Algebris una cascata di soldi («abbiamo dieci dipendenti, di cui tre italiani, gestiamo poco più di un miliardo di dollari»). Serra non ha mai nascosto la sua propensione a fare quattrini, né il diritto a fare operazioni spregiudicate, come prendere posizioni scoperte al ribasso sui titoli di Mps, dopo averne criticato le mosse effettuate per salvarla. Dati di fatto.

Renzi si innamora dello squalo della City che diventa il suo consigliere finanziario, nonché sostenitore delle sue campagne elettorali («ho versato 175mila euro insieme a mia moglie Anna alla Fondazione Open che li ha investiti nella Leopolda»). Dati di fatto.

Come l'amicizia fra Serra e il lobbista del premier, Marco Carrai (era anche al suo matrimonio a settembre). Ospite fisso alle Leopolde renziane dove ha raccontato la storia strappalacrime di come sia riuscito nella vita, laureandosi in Bocconi grazie a un prestito in banca chiesto dal padre («mi piaceva la macroeconomia e trovai lavoro a Londra, nel '94. Mandai 140 curriculum, ebbi due offerte, quell'anno solo in due della Bocconi ce la facemmo»). In seguito alla sconfitta di Renzi alle primarie, Serra votò Monti alle Politiche del 2013, salvo poi tornare dal «fratellone» alle primarie del Pd. Dopo aver «sposato» Renzi, Serra è sbarcato nel mercato del risparmio gestito, grazie a un accordo con Fineco Bank, società del gruppo Unicredit e così Algebris oggi offre nuovi prodotti di investimento ad una vasta platea di clienti. Impegnato principalmente con i grandi investitori internazionali, il finanziere apre anche ai piccoli e medi risparmiatori. Guadagnando molti più soldi.

Serra è un duro. Querela per diffamazione quanti lo accusano di speculare. Si vanta di appoggiarsi a una struttura alle Cayman per raccogliere i capitali e per evitare che alcuni investitori, soprattutto americani, debbano pagare due volte le imposte. Ma Algebris e Serra medesimo le tasse le pagano a Londra («lo scorso anno ho versato il 45 per cento»).

Mica scemo.

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