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"Serve responsabilità". Il Colle detta la linea del "passo indietro"

Appello di Mattarella alle forze politiche. Più lontano l'incarico sia a Di Maio che a Salvini

"Serve responsabilità". Il Colle detta la linea del "passo indietro"

E adesso che siamo incartati, dice Sergio Mattarella, ora che il sistema è in tilt, «serve senso di responsabilità». A quattro giorni dal voto, di fronte allo stallo totale, il capo dello Stato lancia un appello alle forze politiche. Non è il primo e non sarà l'ultimo: la crisi istituzionale sarà lunga e difficile. Come risolverla? In un solo modo, spiega il presidente, «bisogna saper collocare sempre al centro l'interesse generale del Paese e dei suoi cittadini». Qualcuno dovrà fare un passo indietro. Qualcun altro dovrà cambiare tono e registro. Tutti dovranno ripescare una virtù molto italiana, l'attitudine» al confronto. Il dialogo dunque, questa è la strada se si vuole formare un governo. E sul Colle già si vagliano vari profili delle «riserve della Repubblica» per un eventuale esecutivo di scopo.

Otto marzo, festa della donna, celebrazioni ufficiali al Quirinale. Doveva essere il Di Maio-day, e infatti Giggino l'aspirante premier fa molto il piacione in prima fila nel Salone dei Corazzieri, tra Napolitano e la Finocchiaro. Si sprecano i selfie con invitati e funzionari, mentre lui si dice «fiducioso» di riuscire ad andare a dama. Riccardo Fraccaro è seduto più indietro e lui scherza: «Ho perso il ministro». Con Mattarella sorrisi e strette di mano formali.

Appunto, doveva essere il suo giorno, invece le notizie per i Cinque Stelle non sono buone. Il capo dello Stato infatti non ha alcuna intenzione di mediare con il Pd o una sua parte per convincerli ad appoggiare un gabinetto Di Maio. Non solo non lo ritiene opportuno dato il suo ruolo, non solo pensa che comunque non ci siano i numeri sufficienti, ma non ne è convinto nemmeno dal punto di vista politico. Non vuole essere lui a spingere il suo ex partito nell'abbraccio mortale con M5S.

Di più. Se Di Maio vuole continuare a coltivare la speranza, dovrebbe farsi da parte a favore di un personaggio più scolorito e meno divisivo. E un analogo «senso di responsabilità» è chiesto pure a Matteo Salvini. Se infatti le cose resteranno così, se non dimostreranno di contare su una maggioranza, nessuno dei due avrà un mandato pieno. Forse nemmeno esplorativo. Stesso discorso per il Nazareno, dilaniato da polemiche e ancorato alla linea renziana dell'opposizione dura. Non ci si può ritirare sull'Aventino.

Insomma, c'è poco da essere ottimisti. Come se ne esce? L'idea del presidente è che i tre blocchi granitici usciti dal quattro marzo dovrebbero finalmente cominciare a sciogliersi, a parlarsi tra loro, a uscire dall'arrocco in nome del bene del Paese. Chissà, qualcosa potrebbe muoversi a partire dal 23 marzo, quando inizierà la procedura per l'elezione dei presidenti delle Camera. Per il Senato basterà il ballottaggio, ma per Montecitorio occorre la maggioranza assoluta: un accordo sarà obbligatorio.

Da lì, magari, si potrà capire meglio se ci sono margini per qualche intesa di governo. Le probabilità di una schiarita restano però piuttosto scarse. Mattarella darà ai partiti tutto il tempo necessario per liberarsi dalle tossine della campagna elettorale e già dalla settimana prossima passerà dall'osservazione esterna ai primo contatti informali. Telefonate, colloqui, confronti per ascoltare «in prima persona le ragioni di ognuno», consapevole che non sempre le dichiarazioni ufficiali sono le stesse quando svolte in privato. Il colle non ha fretta, anzi il capo dello Stato se necessario allungherà il brodo con più di un giro di consultazioni e un incarico esplorativo.

E se tutto ciò non funziona, proverà con un governo di tregua.

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