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Sfilano i medici in un clima di festa. Torna la normalità dopo la pandemia

Non solo militari, debuttano anche i camici bianchi. Un 2 giugno post-Covid

Sfilano i medici in un clima di festa. Torna la normalità dopo la pandemia

La parata della normalità. Dopo la chiusura del 2020 e le timide aperture del 2021, nel primo anno del dopo-Covid il 2 giugno è tornato coi colori e i suoni di una festa.

La sfilata per via dei Fori imperiali, la Lancia Fulvia presidenziale tirata a lucido, i nasi all'insù al passaggio delle Frecce tricolori, l'elicottero del 118 e le bocche aperte per i paracadutisti scesi con un tricolore gigante e capaci di centrare un fazzoletto di sanpietrini nell'atterraggio di precisione. Sono tornati gli applausi e i cappellini con la visiera dei bambini. E dietro ai sindaci, hanno debuttato i medici e sanitari, per la prima volta chiamati a sfilare in una parata che non è più solo militare ma rappresenta il Paese intero.

Dopo il biennio del dramma e la speranza, ieri, nel primo anno dell'era seconda di Sergio Mattarella il 2 giugno è tornato davvero, solennità di una Repubblica che celebra se stessa, festa per i cuori e gli occhi degli italiani. Due anni fa, alla fine di un trimestre nero funestato dai lutti e dal lockdown, il presidente aveva scelto Codogno, Comune simbolo dell'emergenza pandemica esplosa tre mesi prima. Una decisione eloquente. Così, una volta reso omaggio al milite ignoto all'Altare della patria, Mattarella si era diretto dunque verso la cittadina lodigiana, epicentro del terremoto sanitario lombardo e poi italiano. Fu una cerimonia in forma privata. Niente bagni di folla, nessun codazzo. Accolto dal governatore Attilio Fontana, aveva compiuto due scarne tappe, al municipio e al cimitero, e deposto una corona di fiori sulla targa che ricorda i caduti della «guerra» al Coronavirus. Foto ricordo con una decina di sindaci - quelli della fascia rossa - e si notava l'affetto commosso dei codognesi, represso da rigidi protocolli sanitari che non ammettevano in alcun modo le strette di mano o gli incontri ravvicinati.

L'anno scorso invece è stato quello della riapertura, parziale, e della speranza, coi vaccini a tappeto e l'auspicio di un piano europeo di ripresa economica. Primi sorrisi, ma in tono minore e cerimonie all'osso. Passarono le Frecce ma non ci fu la parata militare, il ricevimento serale fu cancellato e per la seconda volta restarono chiusi i giardini del Quirinale. Il corteo presidenziale sfilava e nel silenzio di Roma si sentiva abbaiare un cane. Resta nella memoria l'alzabandiera e la salita all'Altare della patria delle cariche istituzionali accompagnate dalle note del Piave.

Quella di ieri è stata dunque la festa della normalità. I giardini sono stati riaperti al pubblico, anche se con numeri contingentati che hanno privilegiato l'ingresso per gruppi e persone fragili, ed è stato celebrato il concerto, offerto dal Capo dello Stato agli ambasciatori, mentre è rimasto cancellato per le residue precauzioni il ricevimento serale. Il premier Mario Draghi è arrivato, ha preso la sua parte di applausi ed è andato via senza indugiare troppo. Il capo dello Stato ha ricevuto in via di San Gregorio i reparti schierati per la rivista e dopo aver attraversato i Fori a bordo della storica Lancia Flaminia e scortato dai Corazzieri a cavallo, ha assistito alla parata. Protagonisti i Carabinieri, la Marina militare, l'Aeronautica, i bersaglieri, gli incursori, i granatieri, le associazioni combattentistiche e giovani del servizio civile, ma anche i medici, gli infermieri, gli psicologi reduci dalla prima linea del Covid, come la dottoressa che ha continuato a sfilare ma con gli occhi gonfi di lacrime per l'emozione.

L'Italia normale, insomma.

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