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Silvio, Matteo e Giorgia. Il pranzo che inquieta i 5S

I big della coalizione si riuniscono a Palazzo Grazioli. E Tajani insiste: "Il governo è isolato sui migranti"

Silvio, Matteo e Giorgia. Il pranzo che inquieta i 5S

Il centrodestra resuscitato fa paura. Alla sinistra, ma di più al M5s, che teme di perdere la presa sull'alleato di governo leghista. Dopo l'incontro di domenica ad Arcore tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, che ha spianato i rapporti, oggi ci sarà il pranzo a Roma dei tre leader, con Giorgia Meloni. E il messaggio è: per la coalizione c'è un futuro. Il leader di Forza Italia cercherà di strappare al Capitano qualcosa di meno generico, una dichiarazione unitaria del tipo: lavoriamo per tornare al governo insieme, quello della Lega con il M5s è un patto di scopo, ma la strategia è un'altra. Impresa difficile, perché i già fragili equilibri con i grillini subirebbero uno scossone che Salvini non vuole. Già il nodo Rai li mette a dura prova. Si sta sciogliendo su Foa, ma Pd e Leu accusano i grillini di «totale complicità» nei presunti accordi tra il Cavaliere e il leader del Carroccio, anche sul piano Crimi per i tagli della pubblicità alle tv e il M5s risponde che a Berlusconi non farà «regali», neppure lo riconosce come suo «interlocutore».

«Si sono creati agitazione e nervosismo nei 5S - nota Licia Ronzulli, fedelissima del Cav - per il vertice di Arcore. Il centrodestra esiste da sempre e i grillini se ne devono fare una ragione». Ai dem, che denunciavano scambi di favori, aveva già risposto: «Probabilmente nel Pd sono talmente abituati a parlare di poltrone che si occupano anche di quelle degli altri, hanno preso un abbaglio».

Gli azzurri insistono sul fatto che il sì a Foa è secondario, un problema di metodo ora corretto, e che il dialogo è ripartito sulla futura strategia del centrodestra, per mostrare compattezza nelle prossime regionali e una prospettiva nazionale. Il presidente dell'Europarlamento e numero due di Fi Antonio Tajani, a margine del pre-vertice del Ppe a Salisburgo, mostra di non aver addolcito affatto i toni sul governo giallo-verde, anche sul tema più caro a Salvini dell'immigrazione: «Il governo italiano mi pare isolato, al di là delle frasi roboanti, sui migranti non porta a casa dei risultati». Spiega, senza facile ottimismo, che bisogna insistere con i governi europei nel consiglio informale Ue su riforma di Dublino e piano Marshall per l'Africa.

Oggi a Palazzo Grazioli il pranzo del disgelo dovrà fissare i punti di un accordo nella nuova ottica di un centrodestra post-4 marzo, che ha sì nella Lega la prima forza, ma può vincere solo nell'unione con Fi e Fdi. Si racconta a Montecitorio di un Giancarlo Giorgetti che, irritato per gli attriti con i 5S sulla manovra, si sarebbe lasciato andare: «Se continua così, si vota a febbraio». In realtà, prima delle europee di maggio è difficile che qualcosa cambi, né Fi ha interesse ad accelerare i tempi prima di aver risalito la china. Anche perché, se il centrodestra non andasse alla grande, il voto potrebbe legittimare un nuovo governo Lega-M5S. Prospettiva allarmante. Così, gli azzurri si preparano alle regionali, dopo le provinciali in Trentino e Alto Adige, dove la Lega la farà da padrona. Lo scontro sarà ovunque con il M5S e il Cav vorrebbe i candidati-governatori in Piemonte (Cirio) e Abruzzo (si attende un sondaggio tra Febbo, Di Primio, Gatti).

Ma Salvini potrebbe puntare all'en plein nel nord e pretendere il Piemonte oltre alla Basilicata, lasciando a Fi la Sardegna (Cicu).

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