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Dal sindaco cancellato al giudice che scivola: un rito zeppo di gaffe

A Salerno salta il grazie a De Luca. E a Palermo 3 punti di sutura alla toga finita ko

Dal sindaco cancellato al giudice che scivola: un rito zeppo di gaffe

C'è chi, come il presidente della corte d'Appello di Salerno Matteo Casale, si è trovato a dover sbianchettare in fretta e furia gli elogi al sindaco Vincenzo De Luca, fresco di sospensione in virtù della legge Severino dopo la condanna per abuso d'ufficio. O chi, come il procuratore generale di Perugia Giovanni Galati, trascinato dalla foga oratoria, si è spinto sino ad attribuire alle toghe un potere anti-golpe che ha salvato la democrazia in Italia.

Benvenuti all'annuale circo dell'inaugurazione, nelle corti d'appello di tutta Italia, dell'anno giudiziario. Cerimonie su cerimonie, parole su parole, proteste sempre uguali come i problemi: gli organici, i processi pendenti, le riforme della giustizia in cantiere. Un rito. Che si ripete ogni anno, comprensivo di gaffe e manifestazioni di protesta. Come quella calcistica di impiegati e cancellieri di Napoli, che si sono presentati alla cerimonia con un nastro rosso al braccio e coi cartellini rossi: «Ci sentiamo squalificati».

Certo, a vivacizzare la situazione, ogni anno, ci pensano gli imprevisti. Come la sospensione del sindaco Pd di Salerno Vincenzo De Luca, avvenuta quando già la relazione annuale era stata data alle stampe. Alla cerimonia, per il Comune, non si è presentato nessuno, nemmeno il vicesindaco. E così al presidente della corte d'Appello Casale non è rimasto altro che glissare sui ringraziamenti al sindaco «che sta profondendo un grande impegno perché si realizzi il sogno degli uffici giudiziari, collegato alla nuova cittadella giudiziaria».

Sarà per la prossima relazione. Decisamente scatenato nell'attacco al governo e nella difesa delle toghe il pg di Perugia Galati: «La magistratura – ha scandito – ha sempre operato per bonificare la rilevante parte marcia della società, per cui ripeto con orgoglio: se lo Stato democratico ha tenuto e continua a tenere lo si deve alla magistratura e alle forze dell'ordine. Su questo però c'è poca attenzione, quasi fastidio, in quanto il potere politico è ben cosciente di essersi distinto, in questi anni, esclusivamente per la sua assenza, con la conseguente supplenza del potere giudiziario, che ha tenuto sempre fede al suo impegno, anche se continuamente oggetto di critiche e attacchi ingiustificati».

A proposito di attacchi al governo. Tra i più originali ieri il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena, che ha tirato fuori George Orwell e Dante per contestare il taglio delle ferie: «Evidentemente – ha ironizzato – il presidente del Consiglio non ha trovato di meglio che ispirarsi al personaggio di Napoleone de La fattoria degli animali di orwelliana memoria, che aveva scoperto, per tutti i problemi della vita, il grande rimedio: lavorare, anzi far lavorare gli altri, di più. Fino a farli crepare dalla fatica, come il cavallo Grondano». Da Orwell all'eco dantesco, Divina Commedia , Inferno, il canto di Paolo e Francesca. Perché la riforma «non solo e non tanto per i contenuti, ma per il modo in cui è stata attuata e per i commenti sprezzanti che la hanno accompagnata, “ancor ci offende”».

Movimentata la cerimonia di Palermo. I pm della trattativa Stato-mafia, tutti assenti, sono stati i convitati di pietra. Li ha evocati il presidente reggente della corte d'Appello di Palermo Ivan Marino, che ha ammonito la cosiddetta società civile a non tifare solo per i pm ricordando che «l'esposizione al rischio di alcuni pm finisce per isolare e scoprire i magistrati della giudicante». Più che abbastanza per innescare una bufera. Scongiurata poi da un incidente: Marino, uscendo dall'Aula magna, è inciampato rovinosamente sul tappeto rosso.

Per lui tanto sangue e tre punti di sutura al volto.

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