Politica

Sirte, minaccia all'Italia: «È il porto dell'Isis per andare verso Roma»

La scritta inquietante su un muro della città E in Siria è dramma per l'assedio di Aleppo

Fausto Biloslavo

«Porto marittimo dello Stato islamico, punto di partenza verso Roma, con il permesso di Allah» è l'inquietante scritta fotografata su un muro della zona di Sirte appena liberata. Una dimostrazione delle mire espansioniste delle bandiere nere, che avevano conquistato la città natale di Gheddafi per trasformarla in trampolino di lancio della guerra santa verso l'Italia.

La foto è stata scattata dalle forze del nuovo governo di Tripoli, che assieme alle milizie di Misurata hanno conquistato l'ex palazzo dei congressi che lo Stato islamico aveva trasformato in comando. L'immagine dello slogan scritto con la spray nero è stata postata ieri sulla pagina Facebook dell'operazione al-Bunyan al-Marsus, che sta scalzando i seguaci del califfo da Sirte.

Lo scorso marzo, il saudita Abd al-Qadir al-Najdi, emiro dello Stato islamico in Libia, aveva apertamente minacciato la nostra capitale in un'intervista alla rivista delle bandiere nere. L'inviato del califfo, Abu Bakr al Baghdadi, era convinto che i suoi uomini nell'ex regno di Gheddafi sono «l'avanguardia delle forze che conquisteranno Roma».

Subito dopo l'attentato a Parigi contro Charlie Hebdo, nel gennaio dello scorso anno, lo Stato islamico ha pubblicato in rete un video che annunciava la conquista della capitale italiana. Nel filmato le immagini dei campi di addestramento dei tagliagole si sovrappongono a quelle di piazza Navona, Pantheon, Fontana di Trevi, Colosseo e ovviamente il Vaticano. Una voce in arabo, con sotto titoli in inglese annuncia: «Conquisteremo Roma, distruggeremo le vostre croci e faremo schiave le vostre donne, con il benestare di Allah».

Un fotomontaggio su Dabiq, rivista del Califfato, mostra una bandiera nera che sventola a San Pietro. In altre immagini di propaganda i carri armati dello Stato islamico invadono Roma.

Non è escluso che a Sirte siano ancora annidati, soprattutto fra i tunisini dello Stato islamico, combattenti della guerra santa che hanno vissuto nel nostro paese. Moez Fezzani, nome di battaglia Abu Nassim era stato segnalato a Sabrata, in Tripolitania, prima del raid aereo americano del 19 febbraio. Immigrato in Italia è stato incredibilmente assolto nel 2012 dall'accusa di terrorismo e poi espulso dal Viminale. In Tunisia ha fondato Ansar al Sharia, diventata una costola dello Stato islamico, con altri jihadisti vissuti ed incarcerati in Italia come Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun. Il comandante tunisino più giovane e pericoloso è Noureddine Chouchane, che faceva il muratore a Novara e sarebbe scampato per miracolo al bombardamento di Sabrata.

Dal primo agosto i caccia americani hanno lanciato 41 raid su Sirte per aprire la strada alle forze anti Isis. Ieri nella città costiera si registrava una relativa calma dopo giorni di aspri combattimenti. I seguaci delle bandiere nere sono ancora asserragliati in tre quartieri del centro in un'area larga almeno otto chilometri e profonda altrettanti. Il portavoce dell'operazione delle forze fedeli al governo di Tripoli, il generale Mohamed al Ghasri, ha annunciato che la liberazione del quartiere 1 «potrebbe essere annunciata entro pochi giorni». Nelle abitazioni trasformate in fortini della guerriglia urbana vivrebbero ancora dei civili, che rischiano di venir utilizzati come scudi umani.

La liberazione completa di Sirte è una vittoria indispensabile per il nuovo governo di Tripoli voluto dall'Onu e dall'Italia. Lo stesso inviato delle Nazioni Unite, Martin Kobler, ha ammesso in un'intervista al quotidiano svizzero Neue Zuercher Zeitung, che la popolarità del premier Fayez Serraj si sta erodendo. «Ad aprile c'era molta benevolenza riguardo al governo di unità nazionale - ha dichiarato il diplomatico - Tripoli aveva 20 ore di elettricità al giorno, ora 12. Un dollaro valeva 3,5 dinari. Oggi vale cinque dinari. Il sostegno si sta sgretolando».

Sul fronte siriano un'altra roccaforte dello Stato islamico è crollata davanti all'avanzata delle forze curde, cristiane e sunnite appoggiate dai caccia e dai corpi speciali Usa. Le bandiere nere si sono ritirate dal quartiere di al Sirb di Manbij, l'ultimo che controllavano, utilizzando duemila ostaggi civili come scudi umani.

Ad Aleppo, soprannominata la Sarajevo del Medio Oriente, Amnesty international ha denunciato un attacco chimico delle forze governative, che avrebbe colpito 60 persone, compresi 40 bambini. Un crimine di guerra, se provato, ma pure i ribelli, in particolare le fazioni più estremiste, hanno usato i gas.

Un bombardamento russo avrebbe ucciso Kadiza Sultana, l'adolescente inglese, che lo scorso anno ha raggiunto lo Stato islamico per diventare una sposa dei muhajeddin.

La ragazza voleva fuggire e tornare a casa.

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