Cronache

Dopo il sisma le stalle-truffa Gli allevatori si ribellano

La protesta in piazza: «Crollano con vento e neve» E c'è chi specula e compra le bestie a prezzi stracciati

Dopo il sisma le stalle-truffa Gli allevatori si ribellano

Roma - Le stalle per gli allevatori terremotati? Un bidone: sono poche e non resistono alle intemperie.

«La burocrazia uccide più del terremoto» è lo slogan gridato ieri dagli allevatori e dagli agricoltori delle aree terremotate. Vengono da Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio e si sentono soprattutto traditi da uno Stato che aveva fatto tante promesse ma che li ha lasciati soli. Ancora una volta sono scesi in piazza a Montecitorio per cercare di dare la scossa a un governo che appare lontano ed estraneo.

«Noi non andiamo via dalle nostre stalle, noi restiamo ad Amatrice -rivendica l'allevatore Luca Guerrini - Vorrei però che qualcuno di quelli che stanno seduti in poltrona nei palazzi, venisse a passare una notte in tenda o dentro le casette mobili, a diciotto gradi sotto zero». I terremotati chiedono soltanto di essere rimessi nelle condizioni di lavorare e mettono sotto accusa le farraginose procedure burocratiche.

«Una situazione assurda che ha un solo colpevole, la burocrazia, che però non può diventare un alibi per nascondere inerzia e incapacità di chi ha il dovere politico e morale di rispondere al grido di dolore dei nostri soci, dei nostri imprenditori agricoli.- denuncia David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio - Sono state montate poche stalle provvisorie e sono già state distrutte dal vento o sono crollate sotto il peso della neve. Abbiamo chiesto di montare ad Amatrice e Accumoli le stalle di legno al posto dei tunnel coi tubolari e le tende, ma ci hanno risposto che non era possibile perché dovremmo aspettare mesi per le firme e per le autorizzazioni del Genio Civile, della Regione, dei Comuni».

I danni sono ingenti Coldiretti indica in 2,3 miliardi la somma totale mettendo insieme strade e infrastrutture, case rurali, stalle, fienili e magazzini distrutti dalle scosse ma anche le piccole aziende, le rivendite e tutti i macchinari inservibili. E poi ci sono gli animali, diecimila capi morti, feriti e abortiti. E ancora 1.400 stalle e fienili inagibili, le perdite ingenti per il crollo della produzione di latte e delle coltivazioni e per gli effetti negativi sul commercio per la fuga dei turisti e dei residenti. É il bilancio drammatico elaborato da Coldiretti nel dossier #stalletradite. Si parla di una realtà importante: oltre 25.000 tra aziende agricole e stalle sparse nei 131 comuni colpiti dal sisma. Ben 292.000 ettari di terreni agricoli coltivati in gran parte a gestione familiare. E poi gli allevamenti con quasi 65.000 bovini; 40.000 pecore e oltre 11.000 maiali. «Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola che occorre ora sostenere concretamente per non rassegnarsi all'abbandono e allo spopolamento», dice il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. E molti allevatori denunciano anche gli speculatori. Affaristi che sono arrivati nelle zone colpite per comprare a prezzi stracciati pecore e mucche che i proprietari non erano in grado di accudire. Ancora una volta c'è chi cerca di arricchirsi sfruttando una tragedia. Sono tanti i prodotti tipici di quelle zone che ora sono a rischio estinzione: dal l pecorino di Farindola alle famose lenticchie di Castelluccio.

E ieri la Camera ha dato il via libera definitivo alla riforma della Protezione civile.

Ora ci sono 9 mesi di tempo per approvare i decreti che definiranno la struttura articolata del Dipartimento creando uno standard uniforme di risposta da parte dei territori.

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