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L'immigrazione fa ricca la mafia

L'economia sommersa della contraffazione mette in crisi il made in Italy

L'immigrazione fa ricca la mafia

Quando un clandestino arriva in Italia la mafia si frega le mani. Perché arriva altra manovalanza a basso, bassissimo costo da sfruttare per i traffici illeciti, dalla droga alla merce contraffatta. È qualcosa che la sinistra buonista non dice mai. I venditori ambulanti a cui il ministro dell'Interno Angelino Alfano adesso vuole dare la caccia sono una piccola parte dell'esercito di «invisibili» che combatte ogni giorno una battaglia parallela. Quella dell'economia sommersa, del traffico di stupefacenti, della prostituzione e dei prodotti contraffatti che stanno distruggendo il Made in Italy. Se l'Italia annega nella deflazione, se i consumi stagnano e i dati economici segnano rosso fisso è anche per questa spirale perversa.

Mafia, camorra e soprattutto 'ndrangheta controllano capillarmente ogni centimetro di territorio al Sud. Adesso che l'immigrazione clandestina non è più reato e che gli accordi bilaterali tra l'Italia e i Paesi del Mediterraneo non ci sono più anche Mare nostrum è diventato un affare per i trafficanti di uomini. «Il governo sta offrendo una garanzia di approdo agli scafisti - dice il deputato leghista Marco Rondini - Renzi non faccia lo struzzo, riconosca l'errore e fermi subito questa carneficina». Purtroppo è tutto vero. È la mafia a prendere accordi con i mercanti di uomini, è la mafia la prima agenzia di collocamento dei disperati. Perché un lavoro te lo trova sempre, che sia spacciare nell'hinterland di Milano o vendere occhiali, borse o vestiti a Capri. Il clandestino che scappa dal suo Paese in cerca di una nuova vita spesso non ha scampo. Le cosche offrono un pacchetto completo: un lavoro, una paga, un tetto. L'alternativa è vivere in trenta in un appartamento e lavorare 12 ore per raccogliere cassette di arance a Rosarno che poi vengono vendute a 50 centesimi l'una alla Coop mentre magari un connazionale spaccia nell'ombra di Parco Sempione una delle 50mila dosi di coca che ogni settimana circolano a Milano, per una cifra mostruosa di contante che rientra nel circuito legale grazie a bar e ristoranti in mano ai boss, da Milano a Reggio Calabria.

Si fa presto a dire «via i vu' cumprà» dalle spiagge se poi la gente ci casca. Tutto quello che passa sotto gli ombrelloni ci sembra un'opportunità, un affare è invece un cancro per questo Paese. Basta guardare ai numeri. Solo nell'ultimo anno e mezzo, dal 2013 all'inizio dell'estate, secondo i dati di Unioncamere, sono stati 87,7 milioni i prodotti contraffatti sequestrati. Più di 25,5 milioni di capi d'abbigliamento, 16,5 milioni di giocattoli, 8,8 milioni di giochi elettronici e prodotti informatici, 6,3 milioni di farmaci, 10 milioni di prodotti alimentari e altri 30,5 milioni di merci di altro genere. Per un prodotto intercettato dai controlli ce ne sono centinaia di migliaia - magari arrivati dalla Cina e realizzati con coloranti irritanti o nocivi - che finiscono nelle nostre case, sempre con il placet della camorra che controlla il porto di Napoli o della 'ndrangheta che a Gioia Tauro fa il bello e il cattivo tempo.

Ieri nel Napoletano la Guardia di finanza ha smantellato un vero e proprio «distretto industriale» del falso in odore di camorra. Sugli scaffali c'erano 120mila articoli taroccati destinati pare alle spiagge del litorale laziale. L'organizzazione criminale si serviva di laboratori clandestini e di alcune sartorie artigianali per la produzione di capi Dolce&Gabbana, Alessandrini, Gucci, Fendi, Liu-jo, Louis Vuitton, Burberry, Armani e Hogan. Merce che sulle spiagge si sarebbe trasformata in una montagna di euro. Sempre ieri a Ferrara altri 5mila articoli contraffatti sono stati scoperti in due depositi ai Lidi Ferraresi dalle Fiamme gialle. E il Viminale sembra non rendersene conto. Alfano gongola («Smantellare una rete del genere significa sottrarre linfa vitale alle realtà criminali») ma da siciliano conosce bene la pervasività di Cosa nostra. È inutile dare la caccia agli stranieri sul bagnasciuga e spendere 9 milioni al mese per pattugliare le coste. Ora che Mare nostrum è naufragata è come svuotare il mare con un secchiello.

Noi paghiamo, la mafia incassa.

 

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