Cronache

Il sogno dell'auto a idrogeno Così la Toyota vuole realizzarlo

Impegnati sulla sperimentazione anche gli altri marchi leader

Il sogno dell'auto a idrogeno  Così la Toyota vuole realizzarlo

Pierluigi BonoraLa mobilità a idrogeno torna di attualità, da una parte rilanciata dal «dieselgate», che ha accelerato l'interesse e l'impegno delle istituzioni verso le alimentazioni più green, dall'altra grazie a costruttori come Toyota (ma anche Honda, Hyundai, Mercedes e Bmw) che hanno deciso di rilanciare questa sfida. I tempi, del resto, sembrano maturi. Le norme sempre più stringenti sulle emissioni hanno infatti riportato i big del settore a riprendere in mano il dossier H2. Di fatto, il mondo dell'auto ha pronta (e continua ad affinare) la tecnologia e non avrebbe problemi, considerando i tempi necessari, a dare il suo importante impulso al mercato. A restare indietro è però, anche in questo caso, il sistema delle infrastrutture. Il dito nella piaga, in proposito, l'ha messo l'ad di Toyota Motor Italia, Andrea Carlucci: «C'è la possibilità di importare prodotti evoluti. Mi spiace però pensare che non ci sia ancora una legge che consenta di rifornire le nuove auto fuel cell (la pila a combustibile è quel sistema elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente dall'idrogeno, ndr). È il momento di cominciare a pensare l'idrogeno anche in una chiave di sviluppo per l'industria italiana». Ebbene, per l'Italia si presenta ora la possibilità di creare un verso sistema di infrastrutture per il rifornimento di idrogeno in virtù della direttiva 2014/94/Ue il cui recepimento consentirebbe l'accesso a una serie di fondi a disposizione dei Paesi che vogliono puntare su questa mobilità. I tempi, però, sono molto stretti: entro un anno, cioè il novembre 2016, il governo dovrà presentare il proprio piano di sviluppo sull'idrogeno. Trascorsi i termini il treno sarà perso. E sarebbe un vero smacco, anche per le opportunità occupazionali e di sviluppo dell'economia che si creerebbero. L'autostrada del Brennero, tra l'altro, potrebbe diventare una sorta di corridoio green capace di portare dalla Germania al Garda i turisti tedeschi e austriaci che hanno scommesso sull'auto a idrogeno. Per non parlare del notevole alleggerimento dei centri urbani dai problemi legati all'inquinamento (mobilità, riscaldamenti e industrie). I soggetti interessi si sono intanto già attivati allo scopo di trovarsi pronti una volta che il piano nazionale sarà all'esame di Bruxelles. «Mobilità H2.IT», l'Associazione italiana celle a combustibile, continua a tenere alta l'attenzione del governo sull'argomento: «Bisogna che si arrivi a una decisione consapevole e condivisa - puntualizza il presidente Angelo Moreno - e auspico che al più presto venga aperto un tavolo di discussione con Palazzo Chigi». In Germania si sono già mossi, e Berlino ha appena siglato un accordo per portare a 400 le stazioni di servizio per idrogeno entro otto anni. Gli impianti saliranno quindi a un migliaio nel 2030. Avanti con i progetti è poi il Regno Unito (1.100 punti di rifornimento al 2030). Nuove infrastrutture sono nate o stanno per farlo in Francia, Svezia, Danimarca, Norvegia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia, Lettonia e Belgio. È comunque il Giappone il Paese che più ci crede: per il 2025 le autorità di Tokio prevedono un milione di veicoli H2 in circolazione e un migliaio di stazione di erogazione.

«Dietro l'idrogeno - osservano in Toyota - c'è un progetto più ampio per cambiare i paradigmi dei sistemi di approvvigionamento energetico della nostra società».

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