Politica

La solitudine di Theresa. Una leader part-time troppo esile per la Storia

Incerta e schiacciata dall'ombra della Thatcher Ha commesso molti errori in una sfida epocale

La solitudine di Theresa. Una leader part-time troppo esile per la Storia

N on c'è stato il sangue. Il sudore sì, sotto il sole caldo di Londra, al civico 10 di Downing Street. Le lacrime anche, strozzate nelle ultime parole di addio, «ho servito il Paese che amo». Come un soldato al fronte, sconfitto ma orgoglioso del proprio dovere, dinanzi alla bandiera e alla sua storia. Theresa Brasier in May ha concluso la sua avventura di primo ministro, il viaggio incominciato il giorno undici di luglio del duemila e sedici, quasi per caso, sconosciuta ai più oltre il Canale, ma già individuata tra le figure emergenti della nuova Inghilterra.

Il Regno non sembra unito, lady T segue il suo popolo che il ventitrè di giugno di quello stesso duemila e sedici aveva scelto il Leave e non il Remain, fuori dall'Europa, già essendo tale per geografia e superiority complex. È la sconfitta di un sogno mai divenuto realtà, un profilo di passaggio, una leader part time, quasi una comparsa nel teatro della politica, non soltanto inglese. Perché se Margareth Thatcher era stata la lady di ferro, di sostanza e di forma, Theresa May è stata Theresa Maybe, Theresa forse per l'insicurezza e l'indecisione di alcune sue scelte, o Submarine May, per l'arte astuta di navigare sott'acqua durante la campagna elettorale, o Theresa the Appeaser, la mediatrice di pace per i rapporti diplomatici con Donald Trump anche se la migliore resta Theresa Teflon, per la capacità di evitare gli scandali.

Più Terese, dunque mai una Teresa sola, definita, sicura e convinta di vincere le battaglie. La Brexit è la sua medaglia di guerra, al valore voltagabbanista, dopo aver tentato la resistenza al tempo del governo Cameron ma poi così caratteristica che in occasione dell'incontro con il premier polacco Mateusz Morawiecki l'interprete, al momento della traduzione delle parole del primo ministro di Varsavia, disse: «come detto da Madame Brexit», provocando un sorriso tipicamente da english humour, nella suddetta. Una guerra, comunque combattuta male, un momento storico che ha diviso il Regno, di percentuali minime allo scrutinio ma significative, con una successive spaccatura in Parlamento.

Perché, a dire tutta la verità e nient'altro che questa, agli inglesi non interessa molto l'Europa, quest'Europa poi, sotto l'ombra dei tedeschi che hanno sostituito l'elmetto con la moneta e con il tema fortissimo delle migrazioni non più controllabili e controllate. Qui la May ha sbagliato traiettoria, evitando l'apertura all'opposizione, qualcuno ha spiegato che la figlia di un pastore anglicano così ribadiva l'educazione ricevuta dal padre. Alibi di repertorio, la politica esigeva ed esige altri percorsi.

L'orgoglio patriottico di lady T si riassume in quella smorfia di commozione vera, l'ultimo fotogramma prima di voltare le spalle e dirigersi verso il numero 10, avvampata di calore e di emozione, rosso il colore dell'abito, lo stesso del lipstick sulle labbra a in contrasto con il viso di cera. Tre anni finiti per colpa dell'Europa, una specie di destino perfido per chi quell'Europa ha difeso, con sangue sudore e lacrime ma dalla quale ha sempre voluto sentirsi lontano, rifiutando l'euro, conservando usi e costumi. Da qui al sette di giugno prossimo l'Inghilterra avrà una sola donna ferma nel suo ruolo, direi eterno. Elisabetta regina è stata informata dalla May, l'epilogo era nell'aria, la decisione prevista ma improvvisa. Due donne che hanno in comune una sola cosa: il nome del consorte, Philip ma donne di personalità opposte, la sovrana non ha mai cambiato espressione anche dinanzi al tragedie e scandali, è il faro nel buio delle vicende che tormentano il Paese, Theresa May si è concessa smorfie e balletti, a volte addobbata in modo improbabile e goffo, anche eccentrico, stile favolosi anni Sessanta, il biondo caschetto e, su tutto, le scarpe leopardate, un must esibito in occasioni istituzionali. Ma questo è gossip ormai superato e anche un po' ridicolo. La May ha perso sul campo, il suo Maybe l'ha portata ad annunciare per tre volte le dimissioni, per poi tornare sui pensieri e sulle parole e dunque trascinarsi nell'equivoco che ha contraddistinto la sua carriera ministeriale. Non lascia traccia, non suscita memorie, ritornerà a passeggiare sulle Alpi Svizzere insieme con il marito Philip.

Presumo che rari turisti li riconosceranno.

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