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Storace sfida il processo farsa: "Assolvetemi o vado in cella"

Oggi il verdetto sul leader della Destra accusato di vilipendio a Napolitano: "Se condannato rinuncio ai benefici. E se non mi arrestano sono pronto a reiterare il reato ogni giorno"

Storace sfida il processo farsa: "Assolvetemi o vado in cella"

La strategia dell'ex governatore del Lazio è quella dell'animale politico, più incline a seguire l'istinto che la ragionevolezza. «Io credo che non sappiano come uscirne, l'impressione è che vogliano evitare la galera, ma senza procedere all'assoluzione. È anche possibile che rinviino per farmela sudare ancora. In ogni caso ho chiesto ai miei avvocati nel caso di una condanna di non avvalersi dei benefici di legge a mio vantaggio. Quella sera io busserò alle porte del carcere e chiederò una cella. Ho detto a mia moglie e mia figlia, sicuramente poco felici rispetto alla prospettiva di una mia vacanza a Rebibbia, che in ogni caso oggi la giustizia si compirà. Sono consapevoli che non c'è in ballo solo il mio destino, ma un principio da difendere che riguarda ogni cittadino».

Storace nell'ottobre del 2007 scrisse che il presidente della Repubblica aveva una «evidente faziosità istituzionale» ed era «indegno di una carica usurpata a maggioranza». Una parola «indegno» scelta non a caso perché usata in risposta allo stesso epiteto usato nei suoi confronti dal capo dello Stato per condannarne le critiche ai senatori a vita nei giorni caldi del governo Prodi. Un «indegno» per cui ora rischia 5 anni di carcere (e in base alla Legge Severino l'interdizione dai pubblici uffici). L'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella autorizzò la Procura di Roma a procedere, il Senato giudicò insindacabili le opinioni espresse da Storace, ma la delibera venne annullata dalla Consulta.

Il paradosso è che Storace si è scusato con Napolitano e quest'ultimo ha giudicato «chiusa» la vicenda. Se si fosse trattato di una querela si sarebbe proceduto con una semplice remissione, ma qui si entra nell'anomalo labirinto di un reato d'opinione decisamente antistorico. Storace non vuole rivelare il contenuto dei contatti avuti con il massimo inquilino del Quirinale. «Su questo non dico nulla nemmeno sotto tortura perché sono leale verso l'istituzione». Un chiarimento è, invece, avvenuto con Andrea Orlando che si è scusato per un errore commesso su Twitter . Il ministro della Giustizia di fronte a un utente della Rete che sfotteva un sostenitore di Storace scrivendogli «è un problema tuo», aveva cliccato sul tasto «preferiti». «Storace ha ragione: la scarsa dimestichezza con i social network mi ha tradito» scrive Orlando. «Ho cliccato inavvertitamente. Non avevo alcuna intenzione di schernire Storace. Nei prossimi giorni incontrerò il presidente della commissione Giustizia del Senato per discutere del testo già presentato in tema di reato di vilipendio». Orlando ha anche chiamato al telefono Storace.

Il leader della Destra ha apprezzato, ma fedele al suo personaggio, con la sua tipica parlata romana, lo ha subito apostrofato con una battuta: «Ministro, ben svegliato!».

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