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Stranieri no, stranieri sì. I grillini si incartano sul reddito di cittadinanza

Di Maio vuole escludere gli immigrati dal sussidio ma l'Europa lo vieta. Conti da rifare

Stranieri no, stranieri sì. I grillini si incartano sul reddito di cittadinanza

Per Luigi Di Maio portare a casa il totem del reddito di cittadinanza è l'unica giustificazione della presenza al governo. Così ieri ha sostanzialmente accondisceso a tutte le richieste della Lega anche relativamente ai beneficiari di questo sussidio. «Abbiamo corretto la proposta di legge iniziale sul reddito di cittadinanza anni fa: è chiaro che è impossibile, con i flussi immigratori irregolari, non restringere la platea e assegnare il reddito di cittadinanza ai cittadini italiani», ha spiegato in un'intervista a Radio Anch'io. Una precisazione, ha commentato il ministro degli Interni Matteo Salvini, «che accogliamo con grande piacere». Il vicepremier ha pure annunciato una stretta sulla concessione dei visti. «Sarà più difficile ottenere il permesso di soggiorno e restare in Italia», ha aggiunto.

Insomma, sembrava immediatamente chiusa la polemica iniziata con le parole del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, sull'obbligo di estendere l'eventuale benefit anche ai cittadini comunitari residenti nel nostro Paese nonché a coloro che sono in possesso di regolare permesso di soggiorno di lungo termine. Troppo semplice rispetto a un problema complesso. Il presidente del Cnel, Tiziano Treu, ha infatti, immediatamente rintuzzato i proclami della maggioranza. «È inaccettabile, secondo il diritto europeo, che una prestazione assistenziale come il reddito di cittadinanza possa essere data solo agli italiani», ha dichiarato spiegando che la Corte europea di giustizia si è pronunciata più volte su prestazioni simili ribadendone l'estensione anche agli stranieri con permesso di lungo soggiorno. Autorevoli fonti parlamentari confermano quanto sottolineato dall'ex ministro del Lavoro di area Pd evidenziando che «i confini della platea sono tutt'altro che scontati».

I conti sono sbagliati, dunque. Perciò ai due vicepremier toccherà mettere mano alla calcolatrice o, quanto meno, seguire le indicazioni provenienti dal Tesoro. Poiché tali valutazioni non sono attualmente di pubblico dominio si può provare a stimare l'impatto dell'inclusione di comunitari ed extracomunitari residenti nel grande gioco del reddito di cittadinanza. Ammesso e non concesso che i 15 miliardi calcolati dall'Istat per garantire il bonus di 780 euro universalmente non siano fruibili pure dai non italiani, bisogna guardare alla demografia. Gli stranieri residenti in Italia sono circa 5 milioni dei quali circa 1,5 milioni provenienti da Paesi dell'Unione europea. In maggioranza si tratta di rumeni (1,1 milioni di persone), polacchi (circa 100mila) e bulgari (circa 60mila). Tra i restanti 3,5 milioni spiccano i circa 500mila marocchini, i 440mila albanesi e 250mila ucraini.

Il tasso di occupazione dei non italiani è più elevato di quello degli autoctoni (supera il 60% contro il 59% e per gli uomini raggiunge il 71,7% contro il 65,7% degli italiani). Dal 2010 al 2016 l'Irpef versata dagli stranieri è aumentata del 13,4%, tuttavia il reddito medio è inferiore del 20% in media a quello degli omologhi italiani. È legittimo supporre pertanto che almeno un milione di cittadini Ue ed extracomunitari residenti in Italia sia in condizioni disagiate tanto più che le loro famiglie sono mediamente più prolifiche di quelle italiane. Un milione di persone significherebbe aumentare la platea del 20% circa rispetti ai 5 milioni previsti da Di Maio e, dunque, dover stanziare almeno 2/3 miliardi in più per il reddito di cittadinanza.

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