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Sulla scuola è caduto il muro del '68

Sulla scuola è caduto il muro del '68

È solo una lettera, a Marco Bussetti, ministro della Pubblica Istruzione, soltanto che sta lì, alla sinistra di chi guarda il Corriere della Sera, come editoriale, e vale uno schiaffo sulla faccia sfatta della scuola. È una sberla che potrebbe far bene. L'autore, anzi il mittente, è Ernesto Galli della Loggia. Qualcuno magari non la prenderà sul serio, perché a leggerla così nero su bianco ha il passo di una provocazione. Non lo è. La prima mossa è riportare il professore, o la professoressa, al centro della scuola. In cattedra, un po' più in alto, su una pedana, per far capire chi comanda, come un leader, come un maestro, come un punto di riferimento, non per riesumare un vecchio autoritarismo, ma perché quando tutto sta naufragando serve uno che comanda. Ci sono voluti 50 anni per portare l'insegnante, come figura, al punto zero: sottopagato, denigrato, abbandonato, ridotto a comparsa, umiliato, sconfitto. Ora è una sacca di pelle vuota. La svolta passa da una sua reincarnazione. Via tutti gli altri: i presidi manager, i genitori irritanti e invadenti, gli studenti autogestiti e viziati. Basta questo? No, ma è un chiaro cambio di direzione. Come lo è ridare alla scuola la sua sacralità, come un tempio, dove il sapere e la cultura sono una religione. Non ci si va per obbligo, ma per scelta. La lettera di Galli della Loggia arriva da molto lontano, ma non è un viaggio a ritroso. Non è reazionaria. È un punto e a capo. Il tempo cominciato nel '68 è scaduto. È arrivato il momento di andare avanti e ritrovare finalmente il futuro, abbandonare una primavera avvizzita durata mezzo secolo. Non si tornerà a quello che c'era prima, ma si apre una porta: c'è vita oltre la liturgia e il simulacro della contestazione. Questa lettera, apparsa come editoriale su un giornale di carta, sul Corriere della Sera, qualche tempo fa avrebbe suscitato gli anatemi dei sacerdoti del pensiero comune. Quelli che non accettano alcuna dissonanza al ritornello generato dal '68. Adesso quel muro culturale si è sgretolato, non ha più né dignitas né auctoritas, fino a sprofondare nel proprio ombelico. Ha perso potere, riferimenti politici, ma il suo peccato più grande è essere un paradigma regressivo.

Da quanto tempo quel mondo, questa sinistra, per quello che vale questa parola, non ha più un'idea? Da quanto fa a pezzi la scuola? La lettera di Galli della Loggia è un epitaffio.

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