Politica

Svolta marò, finalmente l'Italia sceglie l'arbitrato

Dopo tre anni di melina ricusiamo la Corte indiana e facciamo ricorso a un tribunale internazionale

Roma sfida Delhi e lancia, finalmente, l'arbitrato internazionale per i marò, più volte annunciato. «L'Italia ha attivato l'arbitrato internazionale sul caso dei fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare», spiegava ieri una nota del ministero degli Esteri. Nello stesso comunicato ufficiale si sottolinea: «La decisione, che era stata sollecitata dal Parlamento, è stata presa a conclusione della necessaria fase negoziale diretta con l'India e di fronte alla impossibilità di pervenire a una soluzione della controversia».

L'aspetto cruciale annunciato dalla Farnesina è la richiesta dell'«immediata applicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in Patria di Girone nelle more dell'iter della procedura arbitrale». A Delhi è già sera, quando da Roma viene lanciato il guanto di sfida, ma il Times indiano, uno dei principali quotidiani, riprende la notizia scrivendo che la mossa «potrebbe innescare un altro scontro fra Italia e India tenendo conto che Delhi non aveva sollevato obiezioni davanti alla Corte suprema per il rientro di Latorre in Italia per motivi umanitari».

Il «permesso» sanitario al marò scade il 15 luglio e sarà inevitabile il braccio di ferro con Delhi nel trattenerlo in patria. Il governo indiano di Narendra Modi reagirà in nome del nazionalismo, se non c'è stato qualche tacito accordo segreto per avviare l'arbitrato. In ogni caso, secondo Angela Del Vecchio esperta di diritto internazionale alla Luiss di Roma, «è difficile che il tribunale arbitrale accetti di far restare Latorre a Taranto. Si tratterebbe di una scelta di posizione favorevole all'Italia». Però i giudici internazionali «potrebbero decidere di spostare i due marò e trasferirli in città neutre come Parigi o Bruxelles, in attesa della decisione arbitrale». Salvatore Girone, il marò rimasto in India praticamente agli arresti domiciliari presso l'ambasciata italiana, ha subito scritto su Facebook: «Cari amici, l'arbitrato internazionale sia un momento di unità per il Nostro Paese. L'avvio è una bella notizia!».

Il governo Renzi si è mosso dopo tre anni di inutile melina con gli indiani e l'ennesimo rinvio della Corte suprema del ricorso italiano sul caso marò al 14 luglio. Adesso gli avvocati di Latorre e Girone non dovrebbero presentarsi in aula. Roma, con l'arbitrato, non riconosce più la giurisdizione indiana. La svolta doveva arrivare un paio di governi fa perché non sarà una battaglia breve. I tempi previsti si aggirano sui due anni, ma ci vogliono solo 90 giorni per nominare sia da parte italiana che indiana gli arbitri. Se Delhi si rifiutasse il tribunale internazionale si riunirà lo stesso e l'Italia fin dalla presentazione della domanda ha diritto di chiedere il rilascio dei due fucilieri. Per fortuna «l'India non può sottrarsi all'arbitrato avendolo già accettato con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare», spiega Del Vecchio.

Adesso bisognerà solo andare avanti decisi sulla strada internazionale e attendere la reazione indiana senza piegarsi, come ha fatto il premier Mario Monti rimandando i marò a Delhi.

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