Politica

Tajani respinge l'interferenza della Ue

La replica alle ultime critiche del commissario: «Moscovici non è l'Europa»

Tajani respinge l'interferenza della Ue

Roma - No, «non è un dogma di fede» quel tre per cento tra deficit e Pil, e Pierre Moscovici, che boccia le proposte di sfondamento e teme rischi per l'Italia dopo il voto, non «è l'Europa». Il commissario, spiega Antonio Tajani, è soltanto «un socialista francese e non parla a nome della Ue». Poi polemizza con Jean-Claude Juncker, che definisce «un errore» la scelta dell'Europarlamento di non partecipare a un gruppo di lavoro sulla sussidiarietà. «É stata una decisione unanime, non siamo i consulenti della Commissione».

Insomma, da Moscovici un'altra invasione di campo, la solita interferenza esterna prima del voto. Un po' forse come Standard & Poor's, per la quale «la ripresa convince» ma «resta l'incognita» elezioni. «Italy is back», conclude il capo analista Jean-Michel Six. L'agenzia di rating si augura stabilità e pochi cambiamenti. «La questione chiave è avere una continuità - sostiene Roberto Paciotti, country manager - perché così gli investitori mantengono la fiducia. L'importante è non distruggere le riforme fatte, a meno di proporne di più efficaci».

Una preoccupazione che pure Tajani condivide. «Però credo che ci sarà un governo stabile, che gli italiani andranno a votare per far contare di più questo Paese». Quanto ai rapporti con l'Unione, «le regole si possono riscrivere», avverte, ma non c'è spazio per richieste populistiche: «Se si sfora il tetto del tre per cento, come ha fatto la Francia, non bisogna farlo per aumentare il debito pubblico», come pretendono i Cinque Stelle. «Le idee e le proposte italiane per l'Europa - dice ancora - dovrebbero essere al centro del dibattito della prossima campagna elettorale, è una responsabilità che incombe su tutte le forze politiche. E qualunque governo uscirà dal 4 marzo, dovrà andare a Bruxelles a discutere la prossima Finanziaria, indicare delle priorità. Siamo uno dei Paesi fondatori, ma contiamo al di sotto del nostro potenziale. Non si può solo dire no, non basta dire che vogliamo cambiare l'Europa, dobbiamo darci un impianto strategico che non c'è. Solo così conteremo di più». Fare sistema, al di là di chi vince.

E di continuità parla pure Sergio Mattarella, in un'intervista a Famiglia Cristiana. Il capo dello Stato cita l'Istat per evidenziare come «negli ultimi tempi si sia registrato un sensibile miglioramento» da non disperdere. «Gli effetti della gravissima crisi degli anni passati si stanno progressivamente riassorbendo». Resta però la mancanza di lavoro, «l'emergenza principale del Paese, un problema fondamentale, particolarmente avvertito in alcune fasce di popolazione (giovani e donne) e nel Mezzogiorno». In Europa l'Italia è «ben presente sia con iniziative proprie che riguardo all'agenda della Commissione». Abbiamo fatto i compiti, il quattro marzo tocca ai cittadini. Pericolo astensionismo? «Siamo chiamati a far la nostra parte per il bene comune, non possiamo essere solo creditori.

Nessuno deve chiamarsi fuori o limitarsi a guardare».

Commenti