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La tentazione di rinviare, il dovere di insistere

Dopo quello che è accaduto in Francia, il nostro primo istinto sarebbe quello di pregare il Papa di annullare il programmato Giubileo. Ma non sarebbe giusto

La tentazione di rinviare, il dovere di insistere

Dopo quello che è accaduto in Francia, contate le vittime dell'attentato mostruoso, il più devastante della storia europea, il nostro primo istinto sarebbe quello di pregare il Papa e le autorità romane di annullare il programmato Giubileo che, tra meno di un mese e per lungo tempo, attirerà a Roma milioni di pellegrini. Una folla immensa che, insegna l'esperienza, accenderà il desiderio nei terroristi di compiere una strage anti cristiana esemplare. La paura è tanta e giustificata perché gli islamisti hanno già dimostrato e ribadito di non fermarsi mai: mirano a distruggere noi e la nostra millenaria civiltà. Sono spietati e uccidono uomini e donne senza remore e a costo di morire essi stessi, ma non prima di aver sterminato chiunque capiti loro a tiro. La sanguinosa vicenda parigina ne è la prova materiale, trascurando gli eccidi precedenti. Ma c'è un modo migliore per utilizzare il panico che ci attanaglia: trasformarlo nella voglia di difenderci per non soccombere e non essere costretti ad adottare stili di vita musulmani. Anziché accantonare il progetto di realizzare il Giubileo, impegniamoci a portarlo a termine nel migliore dei modi, ossia proteggendone i protagonisti affinché nessuno possa dire che siamo stati intimiditi dall'Isis e ci siamo arresi alle sue minacce e alle sue violenze. Siamo in grado di farcela. Nei momenti peggiori gli italiani sono capaci di cose straordinarie. L'emergenza è il terreno sul quale essi si esprimo con grande determinazione e riescono a recuperare forza e dignità. È già accaduto, accadrà ancora a patto che non si abbandonino al buonismo di moda. I terroristi, se constatassero che la paura ci induce a fuggire, avrebbero vinto. Se viceversa ci preparassimo a combattere il timore e a predisporre un adeguato apparato difensivo, fatto di controlli scrupolosi, allora gli islamisti indietreggerebbero e noi salveremmo la nostra civiltà. Arrendersi, azzerando la festa religiosa che sta a cuore al Papa e ai fedeli, sarebbe come alzare bandiera bianca in segno di sconfitta. Le conseguenze sarebbero gravissime. Ci consegneremmo mani e piedi allo spietato nemico. Ciò è da evitarsi nel modo più assoluto. Ci rendiamo conto. È più facile parlare che agire. Ma non abbiamo alternative alla resistenza attiva. Infatti, in caso scegliessimo la passività, correremmo il serio rischio di essere succubi del califfo e della sua gentaglia rimasta a schemi ideologici e comportamentali del Medioevo. Con la prospettiva di consegnare il Cupolone ai maomettani assassini. Vale la pena di attrezzarsi per respingere eventuali aggressioni. Come? Restituendo ai servizi segreti e alle forze dell'ordine i poteri che sono stati loro tolti in omaggio a un malinteso senso democratico. Chiudendo le frontiere. Niente asilo politico a chi va a Merano e si fa mantenere dall'assistenza sociale mentre ordisce trame terroristiche contro l'Occidente. Rimpatriare chi è in odore di terrorismo. In questo periodo speciale si richiedono sistemi di tutela speciali. La posta in gioco è elevata. Troppo elevata. Si impone da parte di tutti una mobilitazione senza riserve. Se usciremo indenni da una simile prova che coinvolge l'intera popolazione sarà poi difficile che qualcuno tenti di soggiogarci.

Altrimenti saremo morti, ma non di paura, bensì sgozzati.

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