Economia

La tirannia di Stato contro le aziende

Una legge voluta dal governo e passata sotto silenzio impone ai fornitori degli enti sanitari di applicare una riduzione del 5%. Altrimenti il contratto viene annullato

La tirannia di Stato contro le aziende

Te la do io la spending review . Ma se a pagare non è lo Stato, alla fine sono i privati. Così devono aver pensato i nostri politici a luglio dell'anno scorso. In piena polemica sui tagli alla sanità e sull'entità delle sforbiciate alla spesa pubblica, hanno partorito un mostro giuridico. Di cui stranamente nessuno parla. Forse perché ci avvicina più alla Cuba di Castro, quello vero, che all'Inghilterra della Thatcher, quella scomparsa. Ma andiamo al sodo e vediamo di che si tratta. La norma, diventata legge il giorno prima di Ferragosto, sibillina, riguarderebbe «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali» e prevede la cosiddetta «Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario».

Bene, si può pensare: con il fondo sanitario, quello che la recente legge di stabilità ha mantenuto a quota 111 miliardi, si paga di tutto. È la famosa storia dei costi standard e cioè l'attitudine tutta italiana a pagare una siringa a prezzi completamente diversi da un'area all'altra del nostro lungo e complicato Paese. Nel gergo politichese quando si parla di razionalizzazione delle spese si intende taglio delle stesse, un po' come quando si parla di armonizzazione delle imposte si intende il loro aumento. Pagare meno è cosa buona e giusta e dovremmo, come contribuenti, compiacercene. Ecco cosa ti ha pensato e fatto approvare il governo in un Parlamento evidentemente già in vacanza.

L'articolo 9 ter del decreto legge n. 78/2015, convertito con Legge n. 125/2015, ha disposto che gli enti del servizio sanitario nazionale siano tenuti a proporre ai fornitori di beni e servizi la rinegoziazione dei contratti in essere «richiedendo la riduzione dei prezzi unitari di fornitura e/o dei volumi di acquisto (laddove evidentemente predeterminati)», per conseguire una riduzione su base annua del 5 per cento del valore complessivo dei contratti stessi (la cui durata deve rimanere invariata).

La norma, e qui sta il bello, prevede che se entro un mese il fornitore non accorda la riduzione l'ente sanitario ha diritto di recedere dal contratto di fornitura senza alcun onere a proprio carico (in deroga a ogni altra previsione di legge o contrattuale). La legge infatti prevede esplicitamente la deroga del Codice civile, oltre che del buon senso. Chiedere è lecito, rifiutare è impossibile.

I funzionari dell'Asl di Bergamo o di Civitavecchia sono così obbligati a mandare una bella letterina ai loro fornitori. Con su scritto: abbiamo con voi un contratto di 100 euro. Se entro trenta giorni non mi fate lo sconto di 5 euro, vi molliamo, non paghiamo alcuna penale e non rispettiamo quella firmetta apposta mesi fa sul contratto in cui ci impegnavamo a usare i vostri servizi per tre anni.

Si tratta di uno sconto per legge. Che il pubblico autoapplica senza consenso dei propri fornitori privati. È una norma che cancella cento anni di diritto privato o commerciale. È il marchese del Grillo che non paga Aronne Piperno. E se quel fornitore, povero sciocco, avesse firmato un contratto già vantaggioso per il pubblico, verrebbe ora messo in un angolo. Potremmo consigliare al nostro Stato altre soluzioni altrettanto efficaci per contenere la spesa con i privati. Pagare con ritardi di sei mesi o un anno ( ops , questo forse già lo fanno...

), o richiedere una partecipazione obbligatoria agli utili delle imprese fornitrici ( ops , questo si chiama pay back sanitario).

Commenti