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Tiro al bersaglio su Pisapia La sinistra anti Renzi si scinde

Vendoliani e reduci del «No» all'attacco dell'ex sindaco Mdp rifiuta la fusione. Il leader Pd: fanno tutto da soli

Tiro al bersaglio su Pisapia La sinistra anti Renzi si scinde

P er dire quanto poco gli interessi stare a discutere di Giuliano Pisapia, della sua Nuova Sinistra e delle future alleanze, Matteo Renzi usa i numeri, e li condisce con un certo sarcasmo: «Oggi 35mila persone ottengono l'anticipo pensionistico, 350mila diciottenni scaricano il Bonus cultura e addirittura 3.500.000 di persone che hanno le pensioni minime vedono arrivare la quattordicesima». Nel frattempo, osserva «350 persone parlano di coalizione». Insomma, quella interessata alle alchimie del centrosinistra è «la politica delle chiacchiere, dei salotti, delle ideologie», e interessa solo gli addetti ai lavori. A lui, spiega, interessa invece «la politica dei risultati».

Il segretario del Pd si prepara alla Direzione del partito, che ha anticipato a giovedì prossimo, e mette subito in chiaro che non si farà trascinare in una defatigante discussione sul centrosinistra che fu e che molti vorrebbero resuscitare. E non ha alcuna intenzione di inseguire quella che giudica «una operazione costruita da alcuni salotti e alcuni media, come Repubblica», dai destini molto incerti. Del resto, osserva con i suoi, «di che dovremmo preoccuparci? Fanno tutto da soli»: un attimo dopo la kermesse rosso-arancione di Piazza Santi Apostoli, il fronte della sinistra anti-Pd appare già confuso e diviso, e litiga un po' su tutto. Sinistra italiana (ossia i vendoliani ex Sel) attaccano Pisapia, non abbastanza «di sinistra» e «radicalmente alternativo» al Pd, a loro parere. E comunque - dicono - non può essere lui il leader. Su una linea simile, ma sempre distinta, si collocano i cosiddetti «civici» animatori della riunione sinistrissima del teatro Brancaccio, per i quali - discepoli del professor Zagrebelsky - Pisapia è un traditore del popolo da mettere all'indice, in quanto nel referendum costituzionale si era schierato per il sì. «E non ha fatto autocritica», sibila l'aspirante leader di questa mini-formazione, tal Tomaso Montanari.

Con Pisapia si schiera invece la componente Mdp, il partitino degli scissionisti dalemian-bersaniani delPd. Ma solo se Pisapia fa come dicono loro. D'Alema diffida della eccessiva morbidezza dell'ex sindaco verso Renzi, e sospetta che pensi ancora di potere, un domani, fare qualche accordo elettorale con il Pd. Anche perché la soglia dell'8% al Senato, prevista dalla legge in vigore, atterrisce tutti. E se il povero ex sindaco di Milano prova a chiedere che si facciano subito gruppi unitari di sinistra in Parlamento, viene immediatamente zittito, per conto di Bersani, da Gotor: «Prima la politica e i programmi, poi si vedrà». Un grande vecchio della sinistra come Emanuele Macaluso liquida l'intera operazione Santi Apostoli come un pastrocchio senza futuro: «Puntando solo sull'antirenzismo non si va da nessuna parte». Intanto, si divide anche la fronda interna al Pd. Andrea Orlando respinge ogni ipotesi di scissione e dice a Pisapia che se vuol solo costruire una «ridotta anti-Pd» lui non ci sta. Michele Emiliano invece apre un fronte con il governo, di cui Orlando fa parte, sulle banche venete: «Il decreto è invotabile», tuona, facendosi paladino degli azionisti che vorrebbe risarcire con denari pubblici.

«Tanto per far vedere che esiste, visto che nessuno se lo filava più», dicono nel Pd.

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