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Totopremier, sale Giovannini ma spunta l'ex ministro Bray

Per Palazzo Chigi l'ex presidente Istat è in vantaggio sulla Cartabia. Grasso andrebbe alla Giustizia, Fiano all'Interno

Totopremier, sale Giovannini ma spunta l'ex ministro Bray

M atteo Renzi fissa il prezzo per dare il via libera all'accordo con i Cinque stelle: tre ministri più la presidenza della Camera (se Roberto Fico entra nell'esecutivo o va ad occupare la poltrona di Palazzo Chigi). A rallentare la trattativa tra Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio per la formazione di un esecutivo giallorosso non è il nodo relativo al taglio dei parlamentari. Ma il peso che la pattuglia renziana avrà per la nascita del governo. Senza i voti dei parlamentari vicini al rottamatore, l'esecutivo Pd-M5S non incasserà mai la fiducia. E quei voti hanno un prezzo. Soprattutto a Palazzo Madama dove il gruppo dem è per il 80% in mano a Renzi. Zingaretti (e Di Maio) non ha scelta: deve cedere all'ex premier poltrone nel futuro esecutivo. I renziani chiedono tre ministeri: Anna Ascani (Cultura), Emanuele Fiano (Interno) e Raffaella Paita (Lavoro o Infrastrutture). Anche se per quest'ultimo ministero è in lizza anche Tommaso Nannicini, responsabile Lavoro del Pd versione Renzi. Per Ettore Rosato si aprirebbe la strada della guida di Montecitorio, qualora Roberto Fico dovesse guidare il governo Pd-Cinque stelle. Per la presidenza della Camera, i renziani avanzano anche la candidatura di Roberto Giachetti.

Ma al momento le chance che Fico possa lasciare la guida di Montecitorio per accomodarsi a Palazzo Chigi sono ridotte al lumicino. Per la poltrona di presidente del Consiglio la scelta sembra essere ristretta a due nomi: Marta Cartabia ed Enrico Giovannini. Al momento il favorito è Giovannini: il ministro del Lavoro del governo Letta avrebbe ottenuto il via libera sia del capo dello Stato Sergio Mattarella che di Beppe Grillo. Sul tavolo resta, comunque, la candidatura della vicepresidente della Corte Costituzionale. E anche quella, che pare rafforzarsi, quella dell'ex ministro Massimo Bray, ai Beni culturali con Letta premier e un tempo molto vicino a Massimo D'Alema. In casa Pd dovrebbero completare la squadra di ministri gli uomini vicini al segretario Zingaretti: Marina Sereni (Area Franceschini), Andrea Orlando (candidato al ruolo di vicepremier), Goffredo Bettini (Economia). Nulla da fare per Dario Franceschini: l'ex ministro, ad oggi, non entrerebbe nella squadra di governo. Una poltrona andrebbe assegnata a Leu: i voti dei bersaniani sia alla Camera che al Senato sono decisivi per la vita dell'esecutivo. Sono due i papabili: Pietro Grasso (Giustizia) o Vasco Errani (Infrastrutture). Quanto ai «tecnici» uscenti, Giovanni Tria ha qualche chance di riconferma.

In caso di governo Pd-Cinque stelle c'è da aspettarsi un mini-rimpasto anche tra i ministri grillini. In uscita ci sarebbero Barbara Lezzi (Sud), Danilo Toninelli (Trasporti e Infrastrutture) e Giulia Grillo (Salute). In entrata Paola Taverna e Carla Ruocco, per sostituire la Lezzi, e Stefano Putuanelli al posto di Toninelli. Non c'è alcuna possibilità che Alessandro Di Battista vada a guidare il ministero degli Esteri: la casella potrebbe andare al Pd. Il nome più accreditato è quello dell'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Ma al Dibba una poltrona va trovata.

E il Che grillino ha riaperto (seguito da Di Maio) il forno con la Lega. I segnali rimettono sul tavolo l'ipotesi di un esecutivo gialloverde. In questo caso l'unico sacrificato sarebbe il premier Giuseppe Conte: per il presidente del Consiglio dimissionario si profilerebbe una poltrona in Europa. A Palazzo Chigi arriverebbe Luigi Di Maio. Salvini resterebbe vicepremier con la delega all'Interno. Giancarlo Giorgetti sostituirebbe Tria all'Economia. La novità sarebbe Di Battista, che diventerebbe vicepremier e ministro del Lavoro.

E diventerebbe il contrappeso a Salvini.

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