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Transizione sì, ma di poltrone. M5s punta al maxi-ministero

Per il nuovo dicastero "ecologico" spunta pure Di Maio. Prima però bisogna sciogliere il nodo delle competenze

Transizione sì, ma di poltrone. M5s punta al maxi-ministero

Non c'è ancora. Ma già si litiga sul super-ministero per la Transizione ecologica. Il presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi lascia intendere, nel corso del colloquio con i delegati del Wwf, che l'orientamento del prossimo governo sia quello di istituire un ministero per guidare la transizione verde dell'economia italiana. Ma siamo alle battute iniziali. Il governo Draghi non ha ancora giurato, ma ha già creato divisioni su questa poltrona.

I Cinque stelle provano a mettere il cappello sull'idea. Ma c'è chi fa notare che questa delega, la transizione energetica, esiste già. Ed è in capo al dipartimento per la Transizione ecologica e gli investimenti del ministero dell'Ambiente guidato dal grillino Sergio Costa. Al vertice del dipartimento c'è un Grillo che di nome fa Mariano. Andrea Marcucci, capogruppo Pd al Senato, smorza gli entusiasmi: «Ho l'impressione che l'idea del ministero della Transizione ecologica Draghi l'avesse già in mente prima dei 5S, ma magari poi l'ha maturata più concretamente», dice a Un giorno da pecora. Non fa salti di gioia il leader della Lega Matteo Salvini: «Anziché ministeri che già ci sono, suggeriamo al prof. Draghi di far rinascere il ministero per le Disabilità». Mentre Giorgia Meloni chiede: «Un giorno i grillini ci spiegheranno pure perché il ministero per la Transizione ecologica che loro non hanno reputato di dover istituire durante i governi Conte 1 e Conte 2 sia diventato una grande conquista nel governo Draghi. Ma veramente pensano ancora di prendere in giro qualcuno?».

In linea con Salvini Giorgio Mulé di Forza Italia: «Con tutto il rispetto per la transizione ecologica il Paese affronta l'emergenza della transizione vaccinale. Di questo dobbiamo occuparci con responsabilità e immediatezza. Questo governo non nasce per rifare l'Italia nei suoi ingranaggi istituzionali ma per dare risposte al Paese in un momento di totale e impellente emergenza economica, sanitaria e sociale». Al netto delle polemiche, ci sono almeno tre nodi da sciogliere sul futuro ministero per la Transizione ecologica: competenze, fondi e nomi.

Primo scoglio: quali saranno le deleghe? Nell'idea del super-ministero, i Cinque stelle vorrebbero riunire sotto un'unica struttura le competenze che oggi sono in campo a tre ministeri: Infrastrutture, Ambiente e Sviluppo . Un potere enorme che creerebbe uno squilibrio nel Consiglio dei ministri. E poi anche un problema di riordino delle competenze dei vari ministeri inglobati. Se dovesse passare la linea grilina, il super-ministero si troverebbe a gestire nei prossimi anni il 37% dei 209 miliardi di euro: 77 miliardi. Un super-portafoglio. E Draghi lo lascerebbe nelle mani del Patuanelli di turno? L'idea dei Cinque stelle è di piazzare Luigi Di Maio. Un'opzione che farebbe saltare gli equilibri nella coalizione che sostiene il governo Draghi. Di Maio potrebbe accasarsi su un'altra poltrona. Per il super-ministero spuntano profili civici e manager di area. Il nome più accreditato è Catia Bastioli, amministratrice di Novamont, azienda attiva nel settore delle bioplastiche. Famosa per la chimica verde, Bastioli è stata inventrice dei sacchetti di plastica riciclabile. Scelta da Matteo Renzi per la guida di Terna, è stata riabilitata dai Cinque stelle con elogi pubblici di Beppe Grillo.

E lo stesso Di Maio la propose per la presidenza della Regione Umbria. Bastioli, sondata con discrezione circa la sua disponibilità, avrebbe rifiutato. Gli impegni aziendali sono prevalenti. Il nome resta sul tavolo. Ma si vira anche su altri profili: Enrico Giovannini, ex presidente Istat, o Franco Bernabè, vicino a Davide Casaleggio.

La scelta tocca a Draghi.

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