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Trump fa pace con Pechino. Per ora

Ricucito al telefono lo strappo sull'«unica Cina». Ma resta il nodo delle isole contese

Da ABS-CBN News
Da ABS-CBN News

«C'è una sola Cina». Donald Trump telefona al collega cinese Xi Jinping rassicurandolo sulle sue intenzioni rispetto alla delicata questione di Taiwan e la pesante tensione che gravava tra Washington e Pechino da mesi si allenta immediatamente. Un necessario passo di riavvicinamento alla Cina comunista, con la quale i rapporti restano peraltro assai tesi per via della contesa territoriale sulle isole del Mar Cinese meridionale.

Da quando lo scorso 2 dicembre (ben prima del suo insediamento alla Casa Bianca lo scorso 20 gennaio) Trump aveva avuto un'inattesa telefonata con la presidente taiwanese Tsai Ing-wen, implicitamente riconoscendole un ruolo che ufficialmente non ha (gli Stati Uniti non hanno relazioni diplomatiche con Taipei anche se sono il suo principale alleato di fatto) si era aperta con Pechino una querelle accesissima su una questione che è solo apparentemente formale. I rapporti tra Stati Uniti e Cina, infatti, si reggono sul comune riconoscimento del principio dell'«unica Cina», ovvero del rifiuto di ufficializzare l'esistenza di due governi - quello di Pechino e quello di Taipei - in rappresentanza di due Cine contrapposte. Un'intesa ipocrita ma saggia, che da quarant'anni consente a Washington di avere indispensabili relazioni con la grande potenza di Pechino e di sostenere e armare sottobanco l'alleato filoccidentale taiwanese senza riconoscere la pretesa cinese di sovranità sull'isola nazionalista.

La telefonata di ieri - la prima tra i due leader dopo l'insediamento di Trump, e preceduta da una lettera del presidente americano che esprimeva la volontà di «sviluppare una relazione costruttiva» con Pechino - sembra aver riportato al punto di partenza (quello lasciato in eredità da Obama il 20 gennaio) lo stato delle relazioni tra i due Paesi. Xi, che nelle scorse settimane aveva manifestato irritazione per le mosse di Trump, si è subito detto soddisfatto della svolta sul principio dell'unica Cina e ha confermato che a suo avviso la via della collaborazione tra i due Paesi che molti identificano come i veri futuri grandi rivali per l'egemonia mondiale, «è obbligata».

Subito dopo la notizia della telefonata tra Trump e Xi, la presidenza di Taiwan ha riaffermato l'importanza di mantenere buoni rapporti sia con Washington che con Pechino, assicurando che gli «stretti rapporti» con la Casa Bianca continuano. Per Taiwan si tratta di una novità davvero positiva: l'ipotesi di un confronto frontale tra Cina e Stati Uniti, magari anche militare, avrebbe messo l'isola in una posizione molto pericolosa.

La ritrovata volontà di dialogo espressa da Trump e Xi non cancella comunque gli altri problemi che rimangono aperti tra i loro Paesi. Non è dato sapere, in particolare, cosa si siano detti al telefono i due leader sul tema delle isole contese, che è considerato potenzialmente ancor più foriero di rischi di guerra. Proprio ieri si è saputo di una mancata collisione sopra la secca di Scarborough nelle isole Spratly, dove Pechino ha costruito una base militare, tra un aereo spia americano P-3 Orion e un aereo da guerra cinese KJ-200, che lo ha avvicinato a meno di 300 metri di distanza. E più ancora ha fatto scalpore la notizia pubblicata dal quotidiano inglese Daily Mail secondo cui i bersagli usati da aerei e missili cinesi in alcune esercitazioni sono la copia esatta di installazioni, basi aeree e navi da guerra americane, come se si stessero da anni preparando a distruggerle.

Una futura Pearl Harbor made in China.

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