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Tutti gli ostacoli di un viaggio di Papa Francesco a Kiev

Esistono almeno due ostacoli per il viaggio a Kiev del Papa: i rapporti con gli ortodossi russi e la prassi diplomatica che prevede una doppia visita apostolica. Ma se Francesco vorrà muoversi, allora nessuno in Vaticano potrà impedirglielo

Tutti gli ostacoli di un viaggio di Papa Francesco a Kiev

Papa Francesco ha detto che andrebbe a Kiev se questo servisse alla pace ma il viaggio del pontefice argentino nelle terre martoriate dalla guerra scatenata da Vladimir Putin non è semplice.

L'arcivescovo Sviatoslav Shevchu, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, in occasione del Telethon organizzato da Canale 5 per l'Ucraina, ha fatto presente come si stia davvero lavorando sulla storica visita dell'ex arcivescovo di Buenos Aires. Shevchu ha anche parlato di urgenza. Sarebbe un unicum storico, c'è poco da dire.

Qualche difficoltà diplomatica, però, esiste: anzitutto la prassi. Come abbiamo osservato in questo articolo, la tradizione diplomatica vorrebbe che la Santa Sede venisse chiamata a fare da "mediatrice" da entrambi le parti in conflitto. Se il pontefice argentino dovesse andare a Kiev, insomma, anche al fine di lavorare per la pace, bisognerebbe che Jorge Mario Bergoglio si recasse anche a Mosca o comunque in qualche località russa. E questo può essere il primo degli ostacoli. Per la narrativa di Putin, del resto, quella in Ucraina non è una "guerra", bensì una "operazione speciale" del tutto giustificata. E dunque non si comprenderebbe il perché di tutta questa fretta apostolica da parte del Papa.

Il secondo degli ostacoli è di sicuro rappresentato dai rapporti tra il Vaticano e gli ortodossi moscoviti: i canali di comunicazione tra Roma e Mosca non sono mai stati chiusi, come l'interlocuzione resa pubblica tra Francesco e Kirill dimostra. Anche la scelta di mantenere viva la dialettica con Cirillo I dev'essere interpretata alla luce del dialogo interreligioso ma anche per via della possibilità che la Chiesa cristiano-cattolica vuole concedere alla pace, stando al punto di vista di un'istituzione religiosa (che non è lo stesso di una istituzione politica). Come reagirebbero, però, gli ortodossi russi (e Kirill in testa) se Francesco andasse a Kiev? Con buone probabilità, il dialogo odierno subirerebbe quantomeno un'interruzione.

A ben vedere, Bergoglio, per andare a Kiev, dovrebbe rompere quella che è stata a ragione definita "equidistanza". E cioè Francesco dovrebbe mettere in conto l'eventuale incrinazione delle relazioni diplomatiche con la Russia di Putin (un luogo dove, prima della guerra mossa in Ucraina, il Papa sembrava voler andare), compresa la possibile reazione, sempre sul piano delle tensioni diplomatiche, della Chiesa ortodossa di Mosca. Come un'istituzione politica, il Vaticano dovrebbe in buona sostanza scegliere da che parte stare.

Considerato tutto questo, è plausibile sostenere che Bergoglio voglia andare a Kiev ma che dal Vaticano frenino? Si tratta di una tesi abbastanza inverosimile. E questo per almeno due ragioni: in primis la segreteria di Stato, attraverso le parole pronunciate dal cardinale Pietro Parolin, ha già detto la sua sotto il profilo "politico", aprendo all'utilizzo della legittima difesa da parte degli ucraini e parlando, seppur con toni tragici e chiedendo alle armi di tacere, dell'invio di aiuti militari da parte dell'Occidente.

In secundis, se il Papa dovesse manifestare ferma volontà di recarsi a Kiev, nessuno in Santa Sede, a parte sconsigliarlo, potrebbe davvero scongiurare il gesto.

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