Politica

Ucciso il boss separatista filorusso

Mosca accusa Kiev per la morte di Aleksandr Zakharchenko a Donetsk

Fausto Biloslavo

L'uomo forte del Donbass separatista, Aleksandr Zakharchenko, è stato ucciso in un attentato a Donetsk, l'autoproclamata «capitale» dei secessionisti filorussi nell'Ucraina orientale. L'ex minatore di 42 anni era uno dei pochi capoccia della rivolta armata contro Kiev sopravvissuti a uno stillicidio di omicidi eccellenti o costretti dalle minacce di morte a riparare in Russia.

L'attentato di ieri è avvenuto nel caffè-ristorante Separ nel centro di Donetsk, dove Zakharchenko si era incontrato con altri esponenti del potere locale. Una bomba incendiaria ha ucciso sul colpo il presidente dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk. Nell'esplosione è rimasto ferito anche Alexander Timofeyev, ministro delle Finanze dei secessionisti. Da Kiev fonti dei servizi segreti ucraini hanno fatto sapere che l'attacco mirato «è il risultato del conflitto fra i terroristi e i loro padrini russi». Il portavoce del ministero degli Esteri di Mosca ha invece subito puntato il dito contro Kiev: «È stato un attentato terroristico». È seguita una dura nota del presidente russo Vladimir Putin: «I mandanti e gli esecutori di questo crimine saranno adeguatamente puniti. Condoglianze a tutti i cittadini del Donbass: la Russia sarà sempre con voi».

In realtà nella turbolenta regione ribelle del Donbass omicidi mirati, faide interne e fughe eccellenti si mescolano spesso sollevando una nebbia di sospetti e misteri. Zakharchenko era un secessionista della prima ora, fondatore della milizia filorussa sorta dal gruppo di arti marziali Oplot, che occupò i palazzi governativi a Donetsk nel 2014. Ferito in battaglia, era stato anche una dei fautori degli accordi di pace di Minsk con il governo di Kiev, mai applicati veramente, che hanno portato ad uno stallo da guerra dimenticata nel cuore dell'Europa. Zakharchenko era famoso perché voleva conquistare quasi tutta l'Ucraina cominciando da Kharkov e Odessa per proclamare la Malorossia, la «Piccola Russia» fedele a Mosca.

Negli ultimi due anni attentati e regolamenti di conti probabilmente favoriti o alimentati sia dai russi che dai servizi ucraini hanno decimato i comandanti separatisti. Nel 2017 è stato assassinato il tenente colonnello Mikhail Givi Tolstykh, uno degli idoli della rivolta armata. Ancora prima era toccato al leggendario Arsen Pavlov, nome di battaglia Motorola, comandante del battaglione Sparta, saltato in aria nell'ascensore di casa. Le vittime erano quasi tutte accusate di crimini di guerra. Lo scorso ottobre nella repubblica separatista gemella di Lugansk è scoppiato una specie di colpo di stato. Il presidente Igor Plotnitsky voleva mandare a casa il ministro dell'Interno, Igor Kornet, che lo ha deposto nel giro di una notte accusandolo di essere la quinta colonna di Kiev. Plotnitsky è fuggito in Russia.

L'unico ad essere sopravissuto, fino a ieri, era Zakharchenko, ma anche a lui la rivolta armata filorussa alla fine è costata cara.

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