Politica

La Ue ammette: jihadisti tra i migranti

Frontex ora se ne accorge: «L'attentato di Parigi conferma che i terroristi sfruttano i flussi. Controlli difficili»

Giuseppe Marino

Dici guardie di frontiera e pensi alle fiction americane con ranger che usano le maniere forti contro manipoli di disperati immigrati messicani. Ecco, le guardie di frontiere europee sono un altro film. Frontex, l'agenzia che sorveglia i confini dell'Unione, è poco più di un ufficio di coordinamento. Nelle conclusioni del rapporto che ha appena pubblicato, Analisi dei rischi per il 2016, auspica in modo chiaro un modello di accoglienza e integrazione gestita. Quanto di più lontano da posizioni anti immigrazione, dunque colpisce ancora di più che gli esperti dell'agenzia scrivano nero su bianco una realtà tutto sommato ovvia, ma che per anni è stata un tabù per una parte del mondo politico europeo: «Gli attacchi di Parigi dello scorso novembre hanno dimostrato che i flussi di migranti irregolari possono essere utilizzati dai terroristi per entrare in Europa».

Non è una considerazione isolata all'interno del rapporto. Si parte dalla considerazione che «due dei terroristi coinvolti negli attacchi in Francia erano in precedenza entrati nell'Ue attraverso Leros presentando alle autorità greche falsi documenti siriani». Ma il rapporto rileva anche che «lo sconcertante numero di cittadini europei andati a combattere come jihadisti (in Siria) ha spinto numerosi a rientrare in Europa usando mezzi di trasporto illegali. Gli estremisti islamici sfrutteranno i flussi di immigrazione illegale ogni volta che questo sarà utile ai loro piani».

Un allarme netto, anche se fin qui sono considerazioni scontate, se si guarda oltre i pregiudizi. Ma il rapporto va oltre, perché fornisce con fatti e numeri il quadro delle difficoltà di eseguire seri controlli di identità in posti di frontiera isolati quando vengono soccorse centinaia di persone stremate. Di un terzo dei migranti non si riesce a stabilire neanche la nazionalità e «la falsa attestazione di identità è comune tra chi proviene da Paesi a cui difficilmente sarebbe garantito il diritto d'asilo». Le statistiche contenute nel rapporto, mostrano tra l'altro che i passaporti, visti e permessi di soggiorno italiani sono tra i più falsificati. «Le organizzazioni criminali - recita il documento - hanno la possibilità di utilizzare un gran numero di veri passaporti siriani in bianco che vengono compilati con dati di comodo e che quindi sono difficilmente individuabili anche dagli esperti».

La debolezza del sistema di identificazione provoca dunque una seconda migrazione, dopo lo sbarco. Nel burocratese di Bruxelles è il «movimento secondario» ed è intrapreso «dalla vasta maggioranza di chi arriva in Grecia e da una buona porzione di chi arriva in Italia». Durante il 2015 un milione di migranti. Ed ecco perché in tanti vogliono un giro di vite su Schengen.

Proprio ieri la Commissione europea ha avviato il processo di revisione del trattato di Dublino, quello che «condanna» i migranti a chiedere asilo nel Paese d'arrivo. La revisione è chiesta a gran voce dai Paesi di frontiera, come l'Italia, e osteggiata dai Paesi del Nord Europa. E infatti, se mai ci sarà, si procede a passi molto lenti. La Commissione ieri ha rinunciato a proporre un testo legislativo, limitandosi per ora a proporre tre opzioni di revisione, da una più blanda che assomiglia al fallito sistema dei ricollocamenti, a una che prevede una equa ripartizione dei rifugiati in base a una serie di fattori, dal Pil alla popolazione.

La trattativa andrà avanti per mesi, ma i migranti non aspettano: nel 2015 un numero record di persone, 1,35 milioni, ha chiesto asilo in Europa.

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