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Ue, Libia e navi: i dubbi del piano-Minniti

Il dossier del Viminale è chiaro, ma molti fattori ne mettono a rischio la riuscita

Ue, Libia e navi: i dubbi del piano-Minniti

Paesi europei recalcitranti ad accogliere i migranti arrivati da noi e tantomeno a farli sbarcare nei loro porti. Grandi difficoltà a operare in Libia, dove il governo, appoggiato dall'Onu e dall'Italia, è debole. Non solo: le motovedette consegnate alla guardia costiera di Tripoli sono disarmate contro i trafficanti ed i confini meridionali di 5mila chilometri difficili da controllare. Oltre alle Ong, che puntano i piedi contro regolamentazione e controllo del loro operato in alto mare.

Il piano dell'Italia per arginare l'«invasione» nasce già claudicante, nonostante l'impegno del ministro dell'Interno, Marco Minniti. Il primo ostacolo è la solidarietà europea che vale quasi sempre solo a parole. Minniti d i suoi colleghi tedesco e francese avevano appena concluso un vertice sui migranti, che è intervenuto a gamba tesa il presidente Emmanuel Macron. Parigi non ha alcuna intenzione di far attraccare una sola nave nei suoi porti. E lo stesso discorso vale per la Spagna. La disponibilità francese a diminuire il peso degli arrivi sulle nostre spalle si restringe alla minoranza dei profughi, che hanno diritto all'asilo e non ai migranti economici, stragrande maggioranza. A parole l'Ue è pronta ad imprimere una svolta ai ricollocamenti nei vari paesi, che per ora è un fallimento totale in termini numerici, ma furbescamente non vuole allargare le nazionalità previste. Di fatto sono stati ricollocati dall'Italia solo poche migliaia di siriani ed eritrei.

Il buco nero della Libia rischia di far franare qualsiasi piano ben fatto, ma studiato a tavolino. Si punta ad aumentare l'addestramento e le capacità della Guardia costiera libica. Al momento le quattro motovedette già consegnate non vengono utilizzate perché inadatte ai soccorsi in mare e soprattutto disarmate contro i trafficanti armati fino ai denti. I controlli dei confini meridionali della Libia, porta d'ingresso dei migranti dal resto dell'Africa, attraverso i paesi confinanti è un'altra chimera. Non solo per i 5mila chilometri di frontiera nel deserto, ma per la scarsa affidabilità dei governi e delle forze di sicurezza locali, nonostante l'aumento dei fondi europei per fermare il flusso di migranti all'origine.

L'unico dato certo è che tutti i paesi europei vogliono un codice di «condotta» delle Ong scritto dall'Italia. Peccato che le associazioni di sinistra come l'Arci abbiamo già alzato gli scudi per difendere le organizzazioni non governative. Minniti ha buone idee, ma non sarà facile tenere la flottiglia umanitaria lontana dalle acque libiche o vietare l'ingresso nei nostri porti. Basti pensare che le Ong hanno rifiutato sdegnate la presenza a bordo di agenti italiani per individuare scafisti o trafficanti. Anche la lotta sulla maggiore trasparenza di bilanci e sostenitori sarà dura. La discussa Moas con sede a Malta non ha ancora reso pubblico il bilancio dello scorso anno, nonostante le promesse. Per ora il vero dato reale è che gli arrivi dall'inizio dell'anno sono in aumento del 20% (85.183 migranti) rispetto allo stesso periodo del 2016.

E difficilmente il piano italiano invertirà la tendenza.

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