Cronache

Vi spiego perché dopo 70 anni il saluto romano fa ancora paura

Condannate due persone per il braccio alzato perché "c'è sempre rischio di regime". Ma i giudici sbagliano bersaglio...

Paolo Di Canio si rivolge verso i tifosi facendo il saluto romano
Paolo Di Canio si rivolge verso i tifosi facendo il saluto romano

Due signori, che non conosco e che non desidero conoscere, sono stati condannati l'uno a due mesi di reclusione e 300 euro di multa, l'altro a 20 giorni di reclusione e 140 euro (pena sostituita con una multa di 760 euro). I due individui erano colpevoli di avere, nientemeno, fatto il saluto romano in pubblico, per di più gridando «Presente!». La condanna è stata confermata ieri dalla Suprema Corte di cassazione: «Nulla autorizza a ritenere», ha scritto la Suprema Corte, «che il decorso di ormai molti anni dall'entrata in vigore della Costituzione renda scarsamente attuale il rischio di ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto partito fascista o altre formazioni politiche analoghe». Può darsi, ma allora occorre andare più a fondo del problema.

Per scongiurare il pericolo di un ritorno del fascismo, i legislatori dovrebbero anzitutto proibire (chiedere di risolverla è palesemente troppo) la crisi economica e una sua evoluzione catastrofica: senza quella, né Mussolini né altri ce l'avrebbero fatta. Come, del resto, non ce l'avrebbero fatta senza le conseguenze di una guerra, vittoriosa sì, ma dilaniante il tessuto sociale. Certo, anche in assenza di guerra o di crisi, rimangono in alcuni - deprecabili - uomini la libidine di potere, la certezza di avere sempre ragione e una stolida mancanza di dubbi, la convinzione che con un potere assoluto si possono risolvere tutti i problemi e che io li risolverò meglio di chiunque, perché la democrazia non ha senso, visto che io ho ragione e tu sbagli.

Si arrestino e si condannino, dunque, tutti coloro che hanno simili convinzioni e caratteristiche. In un colpo solo si risolverà non soltanto il problema del pericolo fascista, ma puranco quelli dell'inquinamento, del sovraffollamento, della disoccupazione, degli incidenti stradali: anche se, ahinoi (da non confondersi con a noi, per carità) aumenterebbe moltissimo quello della costruzione di nuove carceri, e soprattutto di chi le sorveglierebbe, per la grave carenza di incensurati. Abbiamo scherzato. La Suprema Corte, e i magistrati che emisero la prima condanna, non hanno fatto altro che applicare la legge, la quale vieta, oltre la ricostituzione del partito fascista, l'apologia del fascismo e i gesti nostalgici. Niente da eccepire, allora, se non una domanda: vale ancora la pena di tenere in vita quella legge? «Non è la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione», motiva la Suprema Corte, ma piuttosto «il suo venire in essere in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione».

Insomma, i due braccialzanti, lo facevano in pubblico per influenzare qualche decina o centinaia di presenti, una modesta forma di propaganda. Ma il fascismo non si ripresenterà mai, almeno in Italia, con quelle forme, quei riti, quei modi, quei miti, quegli stivali, quelle camicie, e avrà piuttosto l'aspetto rassicurante della modernità digitale. Sarei curioso di sapere se gli avvocati difensori hanno portato, come testimonianza a favore dei loro patrocinati, una sia pur minima campionatura di quanto accade nella rete, dove si trova facilmente ben altro che braccia alzate e pugni chiusi: e non davanti a pochi simpatizzanti, bensì di fronte alla sterminata e influenzabile platea del web. Impunemente. Lì, può essere il pericolo, più che in quei due tipi che facevano prendere aria alle ascelle, forse bisognose.

Twitter: @GBGuerri

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