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Vogliono ridurre i seggi ma giurano 21 ministri

Al Quirinale sfila la corposa squadra del Conte bis. Il selfie dei miracolati del Pd che tornano al potere

Vogliono ridurre i seggi ma giurano 21 ministri

Questi sì che hanno i numeri. Ventuno ministri, ad esempio: non è il record di affollamento al governo, ma nemmeno l'indice di quella squadra snella, veloce, operativa che si diceva alla vigilia. A dispetto anche dei parlamentari che i giallorossi promettono di tagliare. Chissà, magari sono tanti perché hanno intenzione di durare, alla faccia delle previsioni, o forse la cifra è la risultante delle compensazioni tra aree e correnti interne. Sette donne, poi, un terzo del totale: che fine hanno fatto le quote rosa e la parità di genere? E ancora, nove faccioni storti, tutti stretti nel selfie scattato da Dario Franceschini, vecchio-nuovo responsabile dei Beni culturali e capo delegazione del Pd. L'immagine sbilenca, con pose goliardiche da primo giorno di scuola, contiene a fatica i ministri in quota dem e fa pensare alle sgomitate che si devono essere dati per entrare nella fotografia, alle tante rinunce che ha fatto il Nazareno per far partire il treno giallorosso. Niente vicepremier, niente sottosegretario alla presidenza, niente Farnesina: tuttavia il partito di Zingaretti, tra Economia, Difesa e Affari europei, più Gentiloni commissario, ora presidia il confine Ue.

Ma al Quirinale, sotto gli stucchi del Salone delle Feste, c'è un altro numero che spicca, il due. Appartiene a Giuseppe Conte, che non è bis perché ha rovesciato la sua maggioranza, che tra qualche ora a Palazzo Chigi si passerà da solo la campanella del Consiglio dei ministri, il simbolo del potere, e che quando sono le dieci del mattino, in piedi accanto al capo dello Stato, appare davvero un uomo trasformato. Il premier non è più la figura timida dell'anno scorso, schiacciato tra i due veri padroni del vapore Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non è l'avvocato prestato alla politica, il passante finito per caso a Palazzo Chigi con il compito di avallare e firmare scelte altrui.

No, adesso Conte è uno che comanda, o almeno vuol lasciare questa impressione. Uno che decide, come gli ha consigliato di fare Sergio Mattarella. Uno che sa stare sulla scena e che, quando a giurare si presenta Di Maio, dimentica le litigate delle ultime settimane, gli stringe entrambe le mani e gli fa persino l'occhietto. C'è euforia tra le fila dei Cinque stelle: non hanno certo come nel 2018 l'atteggiamento dei sanculotti che hanno appena conquistato il palazzo reale, ma mostrano il sollievo di chi l'ha scampata bella. Il nuovo ministro degli Esteri sorride, stringe mani, si è portato pure la ragazza, Virginia Saba, di nero vestita. Alfonso Bonafede, pochette e panciotto blu, giura con la mano sul cuore. Stefano Patuanelli è il più emozionato. Felici sembrano pure quelli del Pd. L'unico imperturbabile, serio, forse un po' seccato, è il capo dello Stato.

Tutto il resto è noia, cioè colore. Sergio Costa, ex generale dei carabinieri, batte di tacco davanti a Mattarella e bacia la mano alle sue colleghe ministre. Roberto Speranza sfoggia una cravatta rosso fuoco. I parenti sono commossi dietro le transenne. La madre di Paola De Micheli piange. E dopo il rito, il brindisi e le foto con Mattarella. Si parla molto del vestito azzurro a balze di Teresa Bellanova, del tailleur di Luciana Lamorgese, delle scarpine con le piume della figlia di Francesco Boccia, mano nella mano con la mamma Nunzia De Girolamo, ex ministro e oggi protagonista di Ballando con le stelle.

Cinque stelle? «No - risponde la De Girolamo - mi piace la mia nuova vita, un po' meno il governo, anche se c'è mio marito».

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