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La burocrazia delle stampanti? Peggio del Fisco

Tra cartucce, driver e problemi vari, una burocrazia che è peggio del Fisco

La burocrazia delle stampanti? Peggio del Fisco

Questa è la storia di una sconfitta. Un libero professionista non ce la può fare. E, per una volta, non parliamo dello Stato, del fisco, della burocrazia romana, insomma del pubblico. No. Questa volta parliamo di una stampante, per di più prodotta da una multinazionale privata come la Canon. Questa è la storia di un liberista che si chiede come sia possibile che il mercato stia fallendo. I classici studiavano la rendita del monopolista e gli extraprofitti che venivano realizzati a danno dei consumatori indifesi. Oggi dovrebbero studiare le stampanti.

Chi non ha un ufficio strutturato, con responsabili It (insomma quelli che si occupano dei computer) e balle varie, è finito. Pur dotato di una certa «manualitá» informatica, con le stampanti non ce la può fare. Prima di tutto l'annosa questione delle cartucce. Il modello di business di questi nuovi landlord è ormai chiaro: come dei pusher ( si parva licet ) ti vendono la prima dose a poco, in forma di scintillante stampante. I guai arrivano dopo: quando si scende negli abissi della inchiostrodipendenza. In genere per ogni stampante ci sono diverse cartucce, ma la genialità è che basta che se ne esaurisca una, per bloccare l'intero apparato e, quindi, per obbligarvi a procedere ad un nuovo costoso acquisto. C'è poco da lamentarsi su ciano o rosso: se finiscono si ferma tutto. Chi ha provato a fare il furbetto e ha comprato inchiostri della concorrenza (in genere alla metà del prezzo) vive una vita di peripezie informatiche per piegare il mondo delle stampanti ai suoi voleri truffaldini. E così i getti di inchiostro vi fanno precipitare in una dipendenza mostruosa e costosissima. Sbagliate una stampa e già immaginate che sarete in bolletta. Anzi, nel futuro, è certo, si dirà «sarete in inchiostro».

I produttori di stampanti ne pensano una più del diavolo. Praticamente ogni famiglia di stampante anche dello stesso produttore ha le sue cartucce. Il che vuol dire che, quando la stampante si rompe (e avviene con una facilità sconvolgente), le vostre scorte di cartucce (accumulate per non trovarvi alle tre di notte senza inchiostro) possono essere usate come oggetti contundenti.

Se ci fosse un Akerlof (l'economista che ha preso il Nobel per le asimmetrie informative) rivedrebbe la sua teoria sul «market for lemons», e cioè il mercato dei «bidoni», con quella delle «printer machine».

Ma ritorniamo alla nostra Canon. Non se la prendano. Il discorso vale per tutte. Epson, Hp e simili non si sentano escluse, soprattutto in materia di inchiostri. Ebbene, questi big ci tengono, a parole, alla soddisfazione del cliente. E dunque, se qualcosa non va, sembrerebbero pronte ad assistervi. Vi diciamo che la Sip e la centralista che esordiva con il romano «diiica» erano più efficienti. La procedura (ci riferiamo alla nostra amata Canon), se si ha un problema con una stampante e che ovviamente non riguardi gli inchiostri o toner (per quelli basta pagare), è quella di chiedere un aiuto on line. Si compila il proprio modulo dove si indica tutto. Dopo qualche ora si riceve una mail di avvenuta ricezione della propria lamentela. Dopo qualche giorno finalmente arriva la risposta di un tecnico, sempre via mail. Il consiglio che vi dà è quello che voi in genere avete già attuato cento volte: del tipo spegnete il computer se la stampante non si vede. Oppure reinstallate il driver della stampante. Ma ci può stare: si scremano i problemi più banali. A quel punto il libero professionista, dopo che ha aspettato due giorni e riprovato per scrupolo tutte le strade che aveva gia percorso, chiama il call center. Già per arrivare al proprio comparto ci impiega un po' e quando, finalmente, intercetta un cristiano che dovrebbe avere la vostra mail, si sente ripetere esattamente ciò che era scritto nella mail e che non ha riparato un bel niente. Dopo qualche insistenza il call center vi dice che verrete, a questo punto, ricontattati da un tecnico e vi chiedete con chi diavolo abbiate interloquito fino ad ora.

Potreste continuare per ore. Ma siate certi: nessuno vi ricontatterà mai. Andrete sulle pagine Internet di questi colossi delle stampanti e vedrete tutti i premi e i riconoscimenti internazionali che hanno vinto. E, contemporaneamente, prenderete la stampante e la getterete per strada dal terzo piano del vostro palazzo urlando come un pazzo. Tanto il giorno dopo potrete ricomprarvi un'altra stampante, sempre più inutilmente moderna e complicata. Dovrete cambiate tutti gli inchiostri che avete nel cassetto e dovrete pregare che sia compatibile con il vostro pc. E vi sentirete soli. Schiacciati da una costosa burocrazia che, per una volta, non è statale. Ma è peggiore. È la dittatura delle stampanti.

Ci vuole la rivoluzione.

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