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Psicologhe indagate: la lettera a sostegno

Il mondo del carcere si mobilita: «Noi operatori salviamo vite. Quella del pm è intimidazione»

Psicologhe indagate: la lettera a sostegno

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Una lettera aperta, sottoscritta da decine di «operatori, volontari, associazioni e realtà a vario titolo legate all'ambito penitenziario», oltre ad avvocati, in sostegno delle due psicologhe indagate per il caso di Alessia Pifferi. Tra i firmatari dell'appello anche la Cappellania di San Vittore, don Virginio Colmegna, don Gino Rigoldi, la Cgil di Milano e il Consiglio direttivo della Camera penale di Milano. La donna è a processo per omicidio volontario (si torna in aula a marzo) per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi. Le due professioniste, indagate per falso e favoreggiamento insieme al difensore, l'avvocato Alessia Pontenani, seguono i detenuti di San Vittore e hanno compilato una parte della documentazione sullo stato mentale dell'imputata.

La lettera è indirizzata al procuratore generale Francesca Nanni e al presidente del Tribunale di sorveglianza Giovanna Di Rosa. Chi lavora in carcere, si legge, «sa bene che il problema più grande con cui si sta confrontando il sistema penitenziario è la gestione di una popolazione detenuta con un altissimo tasso di malattia psichiatrica, anche grave, o con ritardo cognitivo».

Una iniziativa come quella del pm Francesco De Tommasi, che accusa le psicologhe di aver falsificato le analisi sulla condizione di Alessia Pifferi, rischia secondo i firmatari di vanificare il lavoro di tanti operatori del carcere. I colleghi delle indagate si dicono «preoccupati» e spiegano: «Anzitutto ci preoccupa che chi dedica con fatica la propria professionalità per realizzare il mandato che la legge attribuisce al carcere, venga colpito nell'esercizio del proprio lavoro». Se è vero «che il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», stupisce «che in Italia nel 2023 si sono tolte la vita in carcere 69 persone e l'anno precedente 84». Ancora: «Come ignorare questi drammatici numeri e sottovalutare l'importanza dell'attività di prevenzione suicidaria, che psicologhe e psicologi svolgono quotidianamente nei confronti di tanti detenuti? Senza il loro apporto questi numeri sarebbero tragicamente più alti: le psicologhe e gli psicologi in carcere salvano vite». In carcere «ci sono migliaia di detenuti che non hanno caratteristiche diverse da coloro che ricevono un misura di sicurezza nelle Rems».

L'indagine sulle psicologhe, conclude la lettera, ha come risultato «l'intimidazione di tutti gli operatori e rischia di intaccare la fiducia nel loro operato».

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