«Recupero? Per i più bravi è un danno»

Sono giorni complessi per le scuole milanesi, alle prese con gli interventi di recupero per gli studenti con una o più insufficienze. Il ministro dell'Istruzione Giovanni Fioroni, con un decreto varato in autunno, ha imposto che le attività di sostegno costituiscano «parte ordinaria e permanente del piano dell'offerta formativa» di ogni scuola. L'intuizione è sacrosanta perché aspira a rispondere al problema di insufficienze che si trascinano per anni senza mai essere colmate.
Concluso il primo quadrimestre, gli istituti hanno attuato la proposta del ministro per saldare i debiti registrati fino a ora. Problema risolto? Le grane sembrano moltiplicarsi. Il primo intoppo è rappresentato dal compenso esiguo previsto per i docenti che si impegnano a svolgere i corsi di recupero. Gli stop didattici, cioè la sospensione della normale attività in programma per far posto ai corsi di recupero obbligatori. Costo zero e facile organizzazione, non fosse per un piccolo particolare: gli studenti che hanno raggiunto l'eccellenza o quantomeno la sufficienza sono costretti a «scaldare la sedia» in classe e a seguire programmi di ripasso. Dura la posizione espressa dagli insegnanti di Aespi, l’associazione europea scuola e professionalità insegnante: «Si conferma così la generale tendenza della scuola italiana a premiare gli elementi peggiori e a mortificare i migliori». Nino Barbieri, docente all'istituto professionale Carlo Porta, conferma: «Le verifiche già attuate non hanno evidenziato risultati molto positivi». Gli insegnanti, per questo primo quadrimestre, si arrangiano come possono.

Cristina Giacobino, docente al Liceo classico Carducci, spiega: «Abbiamo differenziato il lavoro per fasce di studenti, così che i migliori possano approfondire le tematiche che più interessano, mentre gli insufficienti siano adeguatamente seguiti nel colmare le proprie lacune».

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