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Renzi licenzia la Camusso: non hai mai difeso i precari

La Cgil prepara lo sciopero generale per l'articolo 18 e il premier contrattacca: non pensate ai problemi concreti della gente. Bersani riunisce i suoi per sabotare la riforma alla Camera

Renzi licenzia la Camusso: non hai mai difeso i precari

«A quei sindacati che vogliono contestarci» io «chiedo: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l'ha e chi no, tra chi ce l'ha a tempo indeterminato e chi precario» perché «si è pensato a difendere solo le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente». Il presidente del Consiglio sa che aprire una polemica con i sindacati in termini di consenso paga molto bene, vista la scarsa popolarità delle organizzazioni dei lavoratori. Ma la replica che ieri Matteo Renzi ha riservato a Susanna Camusso è di quelle da segnare sul calendario per i toni e la sostanza.

La leader della Cgil ieri mattina aveva chiamato a raccolta gli oppositori delle politiche governative su lavoro, in particolare sul Jobs Act che nell'ultima versione contiene, per i nuovi assunti, il contratto unico a tutele crescenti. Quindi, di fatto, il superamento del classico rapporti di lavoro, compreso il diritto al reintegro previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

«Chi vorrebbe cancellare l'articolo 18 sta cancellando la libertà dei lavoratori», aveva detto a Milano Camusso. «Mi pare che il governo abbia in mente un po' troppo il modello della Thatcher», si sta ripetendo «la stagione del liberismo le cui conseguenze l'Europa paga tutt'ora continuando a essere prigioniera di una linea di austerità che non ha risolto la crisi in nessun Paese». Non è un mistero che la sindacalista voglia uno sciopero generale, al quale gli altri sindacati potrebbero aderire, ma che ha come obiettivo, più che ottenere qualche modifica, quello di mettere insieme tutti quelli che si oppongono a Renzi. Le parole del premier sono uno stop a questo disegno. Una replica a muso duro che diventa una trincea difficile da superare per i suoi compagni di partito. «Sono i diritti di chi non ha diritti quello che ci interessa – ha replicato Renzi in serata - li difenderemo in modo concreto e serio. Non siamo impegnati in uno scontro del passato, ideologico, non vogliamo il mercato del lavoro di Margareth Thatcher, ma un mercato del lavoro giusto con cittadini tutti uguali». Ora di cambiare pagina per la sinistra, quindi.

Quello di Renzi è un messaggio soprattutto per quella parte del suo partito, il Pd, che sull'articolo 18 sta organizzando l'opposizione al premier-segretario.

Dopo la cena di Massimo D'Alema, dedicata alle strategie, ieri Pier Luigi Bersani è passato all'azione. Ha chiamato a raccolta i suoi per decidere una linea unica da tenere martedì in Aula quando arriverà la delega lavoro. «Saranno presentati molti emendamenti, non solo sul reintegro in caso di licenziamento ingiusto. Andiamo ad aggiungere alle norme che danno precarietà ulteriore precarietà, andiamo a frantumare i diritti, non solo l'articolo 18 e allora sarà battaglia».

Situazione di incertezza della quale non approfitta Forza Italia, che dovrebbe farlo se non altro perché l'abolizione o la modifica dell'articolo 18 è uno dei cavalli di battaglia degli azzurri. Ieri il capogruppo alla Camera Renato Brunetta ha lasciato la porta aperta a un voto favorevole alla delega lavoro e alla sempre più probabile fiducia. «Forza Italia voterà sì se il contenuto sarà di nostro gradimento. Non vorremmo - ha aggiunto Brunetta - che succedesse come con il decreto Poletti, che parte bene e finisce male. Quindi la nostra è una interessata attesa, per avere più chiarezza di intendimenti da parte del governo. La direzione è quella giusta, basta che il governo Renzi non faccia marcia indietro».

Il bivio di Renzi, insomma, è tra recuperare Cgil e i suoi, annacquando la riforma, o garantirsi il sostegno degli azzurri, mettendo a rischio il sostegno del suo partito.

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