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Repubblica intervista il Cav (ma poi lo processa)

Dopo l'intervista al premier di ieri, oggi Repubblica passa al contrattacco. D'Avanzo accusa: "Sciorina l'intera fenomenologia della menzogna". E contro l'Italia: "Carnevale permanente in cui la bugia diventa realtà"

Repubblica intervista il Cav (ma poi lo processa)

Milano - Di solito, nelle interviste, si dà l'occasione all'intervistato di fornire una versione diversa da quella dell'accusa. Non a Repubblica, dove si dà voce al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi solo per smentirlo, infangarlo e distruggerlo il giorno dopo. All'indomani del colloquio con Claudio Tito, infatti, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari affida alla penna di Giuseppe D'Avanzo due paginate di veleni per svelare i nuovi documenti della procura milanese e smontare, parola dopo parola, la versione del Cavaliere.

Guai a dar voce a Berlusconi L'intervista apparsa ieri (e relegata a pagina 15 del cartaceo, con uno striminzito richiamo in prima pagina) era un colloquio piuttosto freddo in cui, però, Repubblica dava la possibilità al premier di ribattere al fango giudiziario che gli è stato gettato addosso negli ultimi mesi. Le trentatre ragazze, i bonifici bancari, la nottata alla Questura di Milano, le cene ad Arcore. Con il Cavaliere che assicurava che nelle prossime settimane avrebbe lottato e si sarebbe difeso sia in tribunale sia in televisione da tutte queste accuse. Sepolta l'ascia di guerra? Macché! L'intervista di ieri serviva solo a spianare la strada al contrattacco. Così, mentre Tito buttava già il colloqui col capo del governo, D'Avanzo si sfregava le mani e già pregustava la replica sbattendo in prima pagina il contenuto delle nuove ventimila pagine messe agli atti dalla procura meneghina.

D'Avanzo passa al contrattacco "Ci si deve chiedere allora che cosa c'è in questi atti istruttori che lo hanno costretto a gettarsi a coropo morto in pubblico - scrive D'Avanzo - accettando addirittura qualche domanda, incontrando nientemeno quel che egli considera un ostinatissimo 'nemico' come Repubblica". E questo dà il là al quotidiano di trasformarsi in un tribunale. Le tesi del premier vengono confutate punto per punto. D'altra parte, avverte lo stesso D'Avanzo, "il Grande Venditore sa come vanno queste cose". Se accetta di farsi intervistare, deve anche accettare di essere smontato. Interrogatorio e contro interrogatorio, insomma. "Meglio anticipare i passi dell'avversario, organizzare una 'narrazione' diversa e contraria per neutralizzare il racconto e i documenti che teme - accusa D'Avanzo - al peggio, ne nascerà una confusione che renderà indifferente l'opinione pubblica". Così il giornalista di Repubblica si trasforma nella pubblica accusa avvertendo i lettori che l'imputato non ha fatto altro che "sciorinare l'intera gamma della fenomenologia della menzogna".

Le prove presentate da Repubblica Immagini, parole, ricordi e resoconti. Il pm D'Avanzo mette mano alle carte dell'accusa. Accusa il premier di mentire. Peggio: "modifica la natura del vero"; "deforma la realtà rimpicciolendole il formato"; "dice l'assoluto contrario del vero"; "non maschera soltanto la realtà, la inventa di sana pianta". Poi va all'attacco incentrando gran parte dell'articolo (questa volta richiamato ben in evidenza già in prima pagina) accusando Berlusconi di giri loschi di denaro. Il premier ne aveva spiegato l'uso (c'è pure il pagamento di un mutuo ad una famiglia in difficoltà economiche) smentendo così l'impianto dell'accusa di un giro eccessivo di bonifici bancari. D'Avanzo gli dà ragione: "Non usa troppi bonifici". Nemmeno assegni o carte di credito. Ma al giornalista serve solo per insinuare il dubbio dei "cambi assegni" senza sapere però in quali mani sia finito il denaro. "A chi sono finiti questi soldi?", si chiede D'Avanzo senza però addurre prove.

L'Italia e il "carnevale permanente" L'articolo di Repubblica non poteva che finire con una stoccata moralista contro i cattivi costumi d'Italia. Per D'Avanzo l'Italia è un "carnevale permanente", un "mondo rovesciato dove gli ipocriti recitano da iconoclasti, la menzogna diventa realtà e la realtà s'adultera in quinta di cartapesta". Poi la stoccata finale: "Si aggira un bizzarro argomento: chi s'azzarda a raccontare le patologiche abitudini del capo del governo è soltanto un voyeur anche quando quelle disordinate pratiche si mostrano come un reato". E Repubblica che processa il premier? Ancora una volta D'Avanzo si erge a detentore della verità.

D'altra parte il processo al Cavaliere è già stato celebrato: sulle colonne del quotidiano di Ezio Mauro.

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