Cronaca locale

Tutte le bugie dietro la morte di Luca Sacchi

Le bugie di Anastasiya, le giravolte, le imprecisioni, le fantomatiche ricostruzioni, le rivelazioni poi smentite dai fatti. Ecco i punti che non tornano

Tutte le bugie dietro la morte di Luca Sacchi

In principio fu una ragazza e bella e dannata dell’est Europa. Bionda e con gli occhi di ghiaccio. Picchiata con una mazza da baseball davanti a un pub. Il suo ragazzo si chiama Luca, Luca Sacchi. È un eroe. È morto per salvarla da due aggressori maledetti che provengono dalla periferia della capitale. Roma piange l’ennesimo atto violento avvenuto in piena notte il 23 ottobre del 2019. Lei sarebbe viva solo grazie al suo fidanzato, e provata dai terribili fatti, esce in tutte le tv straziata, piangente e dolorante per quanto avvenuto. “Ci hanno aggredito, mi hanno rapinato dello zaino e Luca è intervenuto per proteggermi”. Si chiama Anastasiya Kylemnyk e quello che afferma sarà smontato giorno dopo giorno, ora dopo ora, dagli inquirenti. Ma andiamo con ordine.

Un colpo di pistola viene esploso e ad avere la pistola fumante in mano è Valerio Del Grosso. È sua madre a decidere di presentarsi al commissariato di polizia di San Basilio, perché stavolta il figlio ventunenne ha compiuto un gesto irreparabile, dal quale è impossibile tornare indietro: sparare contro un giovane a sangue freddo per una vendita di droga andata male. La frase con cui si presenta al commissariato è questa: “Credo che mio figlio c’entri con la morte di quel ragazzo dell’Appio Latino. Ha fatto una cazzata”.

Questo non è il primo errore. Da tempo Valerio frequenta giri poco raccomandabili. Paolo Pirino, del resto, l’altro fermato pure lui ventunenne, è noto per aver precedenti per droga e spaccio. Interrogato, Del Grosso spiega di non aver voluto uccidere Luca, di non aver mai impugnato una pistola prima di quella sera, di aver sparato solo per spaventare il 24enne.

Le prime dichiarazioni di Anastasiya non convincono gli inquirenti, dicevamo. Sentono il cattivo odore della bugia. Per smentire l’ipotesi del fidanzato-eroe giustiziato da un bandito scende in campo addirittura il capo della polizia Franco Gabrielli, rivelando a poche ore dall'omicidio che si tratta di tutt’altra storia.

A quasi due mesi, sono ancora numerosi i misteri sulla vicenda. Nastia (così la chiamano gli amici) è protagonista di troppe incongruenze: ecco cosa non torna nel racconto della giovane. Afferma fin da subito di essere stata vittima di una rapina per poche decine di euro. Questo, secondo la giovane, sarebbe la cifra contenuta nel suo zaino. La storia colpisce per la sua crudeltà: un ragazzo ammazzato con un colpo di pistola alla testa per poche centinaia di euro. Ma il trascorrere delle ore lascia emergere un’altra verità. Le telecamere della zona evidenziano che Anastasiya e Luca non sono soli quella notte. Insieme a loro, infatti, c’è anche Giovanni Princi, amico del liceo della vittima con precedenti per droga.

Insieme incontrano un paio di persone che si scopriranno essere i mediatori dei pusher Simone Piromalli e Valerio Rispoli. Confabulano qualcosa, mentre lei, Anastasiya, entra ed esce dalle inquadrature, sempre con il suo zaino sulle spalle. L’arresto dei due colpevoli, i pusher Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, chiarisce un aspetto fondamentale: quella sera, davanti il pub John Cabot, è in atto una trattativa per una compravendita di droga: 15 chili di marijuana in cambio di 70mila euro in contanti.

I due pusher, però, all’ultimo momento decidono di far saltare la compravendita, rubando i soldi ai ragazzi senza vendere loro l'erba. Così viene fuori che nello zaino di Anastasiya non si trovano ammassati poche decine di euro, ma migliaia di euro. Una cifra che lei afferma di non aver mai avuto e che potrebbe essere finita nel suo zaino perché messa lì da Giovanni Princi. Eppure non è la sola cosa che non torna nel racconto della ragazza. La giovane, infatti, racconta di essere arrivata al pub a piedi quella sera, mentre la sua automobile, una Citroen C1, risulta parcheggiata proprio accanto al John Cabot. Perché mentire?

Tante le questioni aperte. Perché lo ha fatto? Forse i soldi che servivano ad acquistare la droga e che non sono mai stati ritrovati, si trovavano dentro la macchina di Anastasiya? E dove hanno raccolto quella cifra? C’era un finanziatore oscuro o si tratta di una colletta da moltiplicare attraverso lo spaccio? Nastia e Princi stanno coprendo qualcuno? Ma soprattutto, perché lei (donna dal sangue freddo) non dice ai magistrati quello che sa? Ha forse paura?

Interrogata in procura lei sostiene che probabilmente quella sera i soldi che le vengono sottratti da Valerio Del Grosso e Paolo Pirino servono per comprare una moto rubata. Ennesima dichiarazione smentita dai fatti. Poi un altro interrogativo importante. Che fine ha fatto la pistola? Del Grosso, autore dello sparo, fa ritrovare alcuni oggetti legati all’indagine: lo zainetto rosa e il portafoglio di Nastia, un bossolo di proiettile, la spranga usata da Pirino. Ma annuncia di aver polverizzato l’arma, un revolver calibro 38, con un frullino. Versione poco credibile secondo i carabinieri che ancora cercano la pistola dopo aver arrestato chi l’ha fornita, ovvero Armando e Marcello De Propis, in carcere con i due killer e con Giovanni Princi. Ma se padre e figlio finora non parlano, quest’ultimo rilascia qualche dichiarazione.

Per chi indaga Princi è il committente della partita di droga, complice di Nastia e forse anche di Luca, secondo l’amico comune Costanzo Domenico Marino Munoz (testimone chiave). Quest’ultimo accusa i due giovani fidanzati di aver partecipato a una compravendita di droga con Princi e altri due personaggi. Princi, fuggito subito dopo l’agguato, incastrato da recenti testimonianze che lo indicano come pusher, afferma di essersi trovato nel pub al momento dello sparo. Le telecamere lo filmano invece all’esterno, con Piromalli e Rispoli, quando Del Grosso apre il fuoco.

Resta un solo decisivo nodo da chiarire. E riguarda la figura di Luca che dalle analisi tossicologiche non era assuntore abituale di sostanze stupefacenti. È davvero un bravo ragazzo finito nei guai senza volerlo veramente? Era al corrente dell’attività della fidanzata? La famiglia del personal trainer ucciso attende giustizia.

E questa è l’unica verità, per ora accertata, sulla scena del crimine.

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