Letteratura

Salvaci Signore dal furore dei normanni. Ma soprattutto dalla loro furbizia politica

Lo storico Levi Roach racconta i segreti del successo degli "uomini del Nord"

Salvaci Signore dal furore dei normanni. Ma soprattutto dalla loro furbizia politica

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Secondo alcune versioni, leggendarie come quasi tutte le cronache altomedioevali, iniziò tutto con un re di Francia buttato gambe all'aria. Sì, Carlo il semplice (879 d.C. 929 d.C.) finì ribaltato al suolo ed iniziò la storia del ducato di Normandia. Sia chiaro, nessuno voleva offendere Sua Maestà, solo idee diverse sul protocollo. Ma andiamo con ordine. Sul finire del IX secolo un'orda di vichinghi, sotto la guida di un certo Rollone, che nei documenti vanta il non proprio lusinghiero titolo di princeps piratorum (un modo di scrivere pendaglio da forca con eleganza), aveva provveduto a mettere a ferro e fuoco la bassa Senna plurime volte, spingendosi quasi sino a Parigi. Carlo aveva deciso di negoziare una bella pace con il riottoso invasore, visto che prendendosi a spadate non si arrivava a nessuna soluzione definitiva. Terra in cambio di omaggio, terra in cambio di una difesa del confine marittimo da altri, e magari peggiori, predoni venuti dal Nord. Ovviamente il tutto dopo che Rollone avesse accettato anche di diventare cristiano. Si decise secoli dopo che Parigi valeva ben una messa, Rollone reputò che lo valessero anche tutte quelle terre che gli venivano promesse e che poi avrebbero assunto il nome di Normandia (la terra degli uomini del Nord). Mugugnò un po' per inginocchiarsi davanti al re, ma lo fece. Poi gli spiegarono che doveva anche baciargli un piede. Gli sembrò davvero un po' troppo e ordinò ad uno dei suoi uomini di farlo al posto suo. Il vichingone si accinse di buona lena ma - scarsa contezza della cultura di corte o della flessibilità delle articolazioni delle gambe di Carlo il Semplice? - afferrò il piede del monarca e lo tirò verso l'alto per baciarlo. Il risultato fu una bella piroetta del sovrano. Ma il patto stipulato a Saint-Claire-sur-Epte fu comunque ritenuto valido da tutte le parti in causa.

Andò davvero così? Non lo sapremo mai. Di sicuro la Normandia divenne il punto di contatto che favorì l'ingresso di queste popolazioni nordiche nel cuore della cultura europea. E, per quanto a mano armata, va detto che fu un ingresso morbido, con una assimilazione piuttosto rapida. I normanni tendevano ad essere mimetici, ad assorbire gli usi locali alla velocità di un destriero in corsa. Sia sposando donne del luogo, sia correndo a far educare figli e figlie agli usi locali. Il risultato fu un indubbio successo il cui culmine fu la salita al trono imperiale di Federico II di Svevia nel 1212. Il puer Apuliae, nipote di Federico Barbarossa, di tedesco aveva pochissimo e di normanno, per discendenza e cultura, moltissimo. Per guardare nel dettaglio questa ascesa degli uomini del Nord, niente di meglio del nuovo volume pubblicato da Mondadori: I normanni. Storia dei conquistatori d'Europa (pagg. 354, euro 28). Scritto da Levi Roach, medievista di punta dell'università di Exeter. Il volume è una lunga carrellata, scritta con penna divertente e largo uso delle fonti antiche, delle rotte e delle strade che partendo dalla Normandia hanno condotto questi vichinghi di Francia in ogni luogo. Largo spazio è data anche all'avventura italiana degli Altavilla.

Fu del resto proprio il loro successo ad ispirare Guglielmo il conquistatore a tentare la rischiosa impresa di mettere le mani sul trono inglese e che portò alla battaglia di Hastings nel 1066. Guglielmo, duca di Normandia, non riusciva a capacitarsi del fatto che dei suoi ex vassalli, nemmeno poi così ricchi o potenti, fossero riusciti a procurarsi un così bel dominio nel cuore del Mediterraneo. E quella mediterranea è forse la parte più bella della narrazione. La vicenda parte con Guglielmo «Braccio di Ferro», il primo dei dodici figli avuti da Tancredi d'Altavilla (de Hauteville, nell'originaria versione franconormanna del cognome). Guglielmo partì per l'Italia dove il mercenariato rendeva bene. Venne rapidamente seguito dai fratelli verso il Mezzogiorno d'Italia, che era ricco ma politicamente diviso. Insomma, un posto dove una buona guerra non mancava mai. Guglielmo e i suoi fratelli iniziarono a lavorare di spada per il principe longobardo di Capua. Ma a dare la svolta definitiva furono i suoi fratellastri Roberto e Ruggero, figli delle seconde nozze di Tancredi (la cui prolificità ha enormemente influenzato la storia). Riuscirono a scardinare la potenza araba in Sicilia. Tanto da diventare addirittura un modello appunto per il loro duca, il futuro Guglielmo il conquistatore, un esempio da replicare in Inghilterra. Ma cosa è rimasto di questa ascesa normanna molto sicula? Moltissimo ma sotto traccia. I normanni vincevano ma amavano assimilare le culture altrui, a partire anche dalla lingua.

Uno dei rari casi di vincitori così saggi da essere assimilati dal meglio della cultura dei vinti.

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