Cronaca locale

Scoperti altri furti alle Poste: in cinque rubavano dai pacchi

Nelle abitazioni di due dipendenti Sda trovati cellulari, fotocamere e buoni pasto del valore di 20mila euro

Dopo l’interminabile «filone» dei furti negli aeroporti, sembra essere arrivato il momento delle Poste. E, in meno di 48 ore, le forze dell’ordine hanno dato in pasto ai media ben due indagini sui dipendenti di «Poste Italiane». Ieri, dopo che non si era ancora esaurita l’eco dei 17 arresti e delle decine di denunce messe a segno dalla polizia postale al centro di smistamento di Peschiera Borromeo, è toccato alla squadra mobile e all’ufficio sicurezza della società Sda (la società di Poste Italiane che ha il compito dell'invio a destinazione dei pacchi, ndr) occuparsi di casi di infedeltà tra i dipendenti delle Poste a Milano.
Stavolta si tratta solo di cinque denunce di cui, però, due - quelle per peculato - sono destinate a un dipendente della società Sda e a un altro che lavora per una delle cooperative di cui Sda si serve per i recapiti. E visto il legame tra Sda e Poste Italiane si tratta, a tutti gli effetti, di due incaricati di pubblico servizio. Sono Antonio C., un trentenne italiano che lavora nel centro di smistamento Sda di Buccinasco e Juan Carlos A., 22 anni, un peruviano dipendente di una società cooperativa che lavora per conto e all’interno di Sda. Oltre a loro nell’inchiesta è coinvolto anche Giorgio S., 58 anni, lui sì impiegato direttamente alle Poste, ma colpito solo dall’accusa di ricettazione; la stessa che ha raggiunto una donna di 40 anni, Cristina C. e il suo coinquilino, Omar M., un algerino trentottenne.
In casa dei due dipendenti di Sda sono stati trovati telefoni cellulari, fotocamere, camicie, un eco-scandaglio, spediti e mai giunti a destinazione. Il rinvenimento più sconcertante, però, riguarda centinaia e centinaia di buoni pasto (per un valore nominale di 20mila euro) che la società di ristorazione «Pellegrini» inviava alle proprie filiali italiane. Pacchi postali e buste sigillate contenenti i ticket che Antonio C. prelevava e non registrava come arrivati nel capannone Sda di Milano 3.
Tutto ha avuto inizio lo scorso dicembre. Quando i responsabili della sicurezza di Sda - che avevano ricevuto delle denunce dalla «Pellegrini» - hanno cominciato a notare che alcuni plichi giungevano a destinazione coi sigilli aperti o con le confezioni non integre.
Risalire ai responsabili non è stata una vera e propria impresa. Ogni pacco, infatti, ha un numero di serie ed è stato relativamente facile rifare il percorso inverso dei plichi e restringere il numero delle persone da controllare. A questo punto, però le indagini sono passate nelle mani della squadra mobile.
A mettere gli investigatori sulle tracce dei due dipendenti Sda è stato il pagamento effettuato da una donna in un supermercato di Melegnano. Alla cassa la cliente - una quarantenne, Cristina C. - ha utilizzato uno dei ticket che, dai numeri di serie, risultavano rubati. Vistasi scoperta, nel tentativo di ritirare il ticket, la donna si è offerta di saldare il conto con la propria carta di credito, lasciando così la traccia del proprio nome. Nella casa che Cristina C. divide con un algerino, Omar M., 38 anni, i poliziotti hanno trovato altri ticket che appartenevano ai carnet rubati.
Anche a casa di Giorgio S. sono stati trovati molti ticket rubati. Tuttavia sia contro di lui che contro la donna e l’algerino (tutti e tre consapevoli della provenienza furtiva dei ticket che appartengono solo ed esclusivamente agli stock di quelli sottratti dagli spedizionieri) non ci sono ancora prove tali da poterli mettere in collegamento diretto con i due dipendenti di Sda e il traffico che avevano messo in piedi.


Ora si indaga sulla sorte di circa trecento altri pacchi postali che dallo scorso ottobre risultano non recapitati ai destinatari.

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