Cronaca locale

Sironi e Permeke retrospettiva a due sul Novecento

Matteo Chiarelli

Cento capolavori per mettere a confronto due protagonisti del Novecento: Mario Sironi e Constant Permeke. Due personalità, due contesti culturali ma un'arte che ha conosciuto singolari similitudini. Palazzo Reale ospita, fino al 29 gennaio, «Sironi e Permeke. I luoghi e l'anima», con immagini e progetti di Francesco Jodice (a cura di Vincenzo Trione). Catalogo Federico Motta Editore.
Sironi visse in Lombardia e nella sua arte confluirono suggestioni molteplici, come l'esperienza futurista e quella di «Novecento», il simbolismo primitivo e l'eco metafisica. Permeke abitò nelle Fiandre, fu tra i fondatori dell'espressionismo belga e si ispirò ad un realismo popolare di matrice tipicamente fiamminga. Un viaggio parallelo dunque quello proposto, che vuole indagare affinità e distanze tra i due artisti, in un percorso tematico e cronologico suddiviso in quattro sezioni. La prima, «Lo specchio dell'io», propone gli autoritratti di Sironi e Permeke: il pittore italiano si presenta con occhi amari e bocca contratta, non dà alcuna indicazione sull'ambiente in cui si trova, sembra compiere una lucida autoanalisi. Il belga invece descrive senza un dolore certo se stesso e il proprio contesto privato, un interno borghese, avvolgendolo però in un velo di inquietudine.La seconda sezione, «Il genio e l'anima», è dedicata all'uomo. E' una ricca galleria di volti e corpi. Figure squadrate e massicce, personaggi isolati, che portano addosso la maschera delle proprie fatiche quotidiane. Sono contadini e pescatori, sono donne imponenti e fiere, sono uomini giganti dalle grandi mani. «Architetture analoghe» apre invece lo spazio ai profili architettonici. Vengono scrutati i territori marginali e abbandonati, i paesaggi desolati e solitari, le periferie squallide delle metropoli e i villaggi sinistri sul mare, gli edifici più umili e disadorni, i porti più deserti e cupi. Infine con «Paesaggi paralleli» è il paesaggio stesso a divenire protagonista assoluto.
Ora è violato ogni vincolo descrittivo, il tono diviene livido e drammatico, la stessa densa materia pittorica riporta spazi sempre più minacciosi e sacrali dove alla figura umana è negato ormai ogni accesso.
In questo contrappunto visivo tra Sironi e Permeke, che intesse l'intero percorso espositivo, si inserisce, come potente richiamo alla contemporaneità, l'opera di Francesco Jodice.

Artista tra i più importanti dell'ultima generazione, partecipa con un progetto realizzato in esclusiva per questa mostra con il desiderio di «indagare i mutamenti intervenuti nell'arte, tanto tra le cose da noi osservate, quanto nei modi di osservarle».

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