Cronache

Le centrali nucleari vanno costruite. Però nel sottosuolo

Rubbia e Lunardi hanno un progetto semplice e innovativo. Potrebbe rivoluzionare la nostra produzione di energia

Le centrali nucleari vanno costruite. Però nel sottosuolo

L'Italia ha una grande chance. Potrebbe essere il Paese che scopre l'acqua calda. Un'acqua calda a basso prezzo, scaldata senza pericoli e senza inquinamenti. Si tratta di un'idea di semplicità fantastica, ed è venuta in testa a due italiani di genio. Non si sono limitati all'intuizione: hanno progettato la faccenda. Si tratta di piazzare centrali nucleari in profondità, a due-trecento metri sotto terra. Niente più questioni di sicurezza, né terremoti né tsunami, né diffusione di radioattività in caso di incidente, nessuna scoria da portare in giro.Non è l'idea di due autodidatti da Portobello, del tipo di quel tale che voleva spazzare via la nebbia dalla Val Padana con due ventolone ben sistemate. C'è di mezzo un Nobel per la fisica, Carlo Rubbia, che oggi sta conducendo esperimenti sulla materia oscura, che essendo oscura non so dire di che pasta sia. E di Pietro Lunardi, il quale è il maggior scienziato nel campo delle tecniche di scavo sotterraneo, che grazie a lui oggi nel mondo costa dieci volte meno che cinquant'anni fa. Sentendolo parlare di viscere del pianeta mi sembrano a portata di mano i sogni di Verne e Salgari con i loro viaggi al centro della terra. Questo suo primato gli è riconosciuto in tutto il mondo, dalla Cina al Cile, ma in Italia no, perché ha avuto il torto di imbarcarsi in politica come ministro del Governo Berlusconi, e questo è imperdonabile. E non me lo perdono io, perché ho una qualche colpa nell'avergli rovinato la reputazione. Lo avevo visto salvare la Valtellina da un'inondazione biblica con una soluzione audace e che ero sicuro avrebbe provocato un Vajont. Gli scrissi contro: vinse lui, non mi serbò rancore. Dopo di che lo proposi come ministro dei lavori pubblici. E l'ho rovinato.Vengo al punto della questione. Nel mese di ottobre, Carlo Rubbia ha rilasciato un'intervista a Giovanni Caprara per Sette. Spiega con argomenti elementari che ormai la ricerca più avanzata si fa sottoterra, nelle cavità di grandi montagne, perché lì non arriva radioattività che possa sballare i percorsi di neutrini e altre particelle infinitesime, persino più piccole di Ncd.Da qui lui si è riallacciato alle tesi di altri giganti della fisica, come uno che era tutto meno che un ciarlatano, Andrej Sacharov, il padre della ricerca atomica sovietica e Nobel per la pace, anticomunista liberale, e perciò ristretto al confino da Breznev. Fu lui a sostenere che il futuro dell'umanità, la sua sopravvivenza energetica in condizioni di sicurezza, non poteva fare a meno del nucleare, ma l'unico modo per abbattere costi e pericoli era di piazzare le centrali in profondità.Quell'intervista sorprendentemente non suscitò nessun dibattito politico. Rubbia è pure senatore a vita, ma mentre si esaltano le idee del suo collega Renzo Piano che vuole «rammendare le periferie», la sua è sparita. Passano mesi, mi tengo questo pensiero. Ed ecco che rivedo Lunardi bevendo un rosso piemontese. Come stai, eccetera. Gli ho chiesto di quell'idea dell'energia sotterranea. Si è illuminato come un lampione.

E mi ha spiegato quello che qui malamente racconto. In realtà l'idea originaria mi ha detto prevedeva centrali sotterranee, ma non conveniva per una semplice ragione: negli anni '50 e '60 la sicurezza non pareva un grande problema, e scavare invece costava tantissimo. Non pareva essercene la necessità. Oggi invece mantenere e soprattutto far da capo una centrale ha costi proibitivi proprio per garantire standard massimi di tranquillità alla gente che vive anche a migliaia di chilometri di distanza. Dopo Chernobyl e soprattutto dopo Fukushima è un dovere irrinunciabile.Oggi la questione è invertita rispetto a un tempo. La soluzione è elementare. L'ingegner professor Pietro Lunardi ha progettato un'immensa caverna. E i costi di istallazione di una centrale, ridisegnata per la bisogna, non necessitano più di scudi dai costi proibitivi per impedire l'impatto di bombe ed aerei, eccetera. E gli scavi, grazie ai metodi di Lunardi, hanno prezzi decisamente abbordabili. Insomma: una centrale invece di 6 miliardi di euro ne costerebbe la metà.Non è teoria. Si fa. In Armenia, che è Paese povero di risorse naturali, ed è oggi in guerra con l'Azerbaijan, la soluzione prospettata da Rubbia e Lunardi è all'ordine del giorno. Gli armeni hanno in funzione un reattore a Metsamor, in zona sismica, e devono riqualificare la centrale entro il 2021. Già altri Paesi si stanno muovendo per verificare la fattibilità del progetto.In Italia? Si dovrebbe. Ma non si può. Rubbia e Lunardi invece di piegarsi al dogma del no al nucleare, hanno un solo dogma: salvare l'umanità dal buco e dal ricatto energetico, senza nuocere alla salute.Del resto, tutto concorre a dar loro ragione. Il petrolio va su e giù di prezzo, e le forniture oggi abbondantissime, domani possono scemare. Lo si è rischiato per il gas con la crisi in Ucraina. Il carbone è oggi vietatissimo, dopo il famoso C 21 di Parigi e anche gli idrocarburi sono guardati in cagnesco dagli ecologi. E allora? Nessuno lo dice, ma è l'energia nucleare. Essa è la più sicura di tutte, a una condizione: che sia piazzata sotto terra.Siccome è una soluzione ragionevole, è sicuro che non si farà. Prevarrà la tendenza italiana a farsi del male, un istinto atavico, un masochismo dovuto a predilezioni primordiali a prenderla dolorosamente in quel posto. Più che altro, a mio avviso, domina l'invidia. Non sopportiamo di avere debiti di riconoscenza coi connazionali. Riteniamo ingiusto che un cervellone sia capitato in mezzo a noi, e non sia io o al massimo mio zio.Vale in tutti i rami dell'arte e della scienza. L'idea che ci siano crani con un bernoccolo speciale, superiori a quelli che circolano a Harvard o a Boston, ci irrita. Figuriamoci se la genialità si allea in una coppia di assi, come Rubbia e Lunardi. Peste li colga, e poi via, sottoterra. In fondo però loro non chiedono altro. Sono cime abissali.

Ascoltiamoli.

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