Cultura e Spettacoli

Vinicio spiega Capossela "Ballate da trovatori per un punk medievale"

L'artista presenta in chiesa il nuovo disco «I social sono l'aria che diffonde la peste»

Vinicio spiega Capossela "Ballate da trovatori  per un punk medievale"

C'è qualcosa di più fascinoso del solito in questo nuovo disco di Vinicio Capossela, quel Ballate per uomini e bestie che forse diventerà un caso unico nella musica contemporanea. Lui l'ha presentato in una chiesa, la chiesa di San Carlo al Lazzaretto costruita sul lazzaretto di Milano del Millequattrocento, e poi ha cantato e suonato qualche brano con i suoi musicisti vestiti da monatti proprio come li ha descritti anche Manzoni nei Promessi Sposi. Uno scenario irreale, scomposto ed entusiasmante.

Mescolando presente e passato, melodie nuove e strumenti millenari, questo cantautore raro ha ricucito un fil rouge tra oggi e ieri, tra vecchie e nuove epidemie che hanno infine gli stessi esiti: «Già leggendo Tucidide sul contagio di Atene e poi Boccaccio e Camus, si capisce che con la peste arriva la fine dei vincoli sociali. La peste libera la società dai limiti, non ci sono più freni. E i contatti con la nostra realtà sono evidenti: la peste era un morbo che arrivava da lontano, dall'oriente...».

Dopotutto Vinicio Capossela, nato a Hannover cinquantatré anni fa da genitori irpini, è una mina vagante della nostra canzone d'autore. Incatalogabile. Imprevedibile. Non a caso ha iniziato questo disco «di punk medievale» con il brano Uro che è «l'animale scomparso che si ritrova nelle pitture rupestri delle Grotte di Lascaux. Per la prima volta allora l'uomo si alzò dai propri cibi e iniziò a disegnarsi in mezzo ad animali, forse per carpirne le energie. Quelle grotte sono vecchie di 17mila anni, quindi possiamo dire che ognuno di noi è vecchio di 17mila anni più la propria età. Io 17mila più 53..». Quando parla, Vinicio Capossela ha un berretto a forma di testa di orso. Quando canta, infila un copricapo da monatto, nero, con un lungo velo anti mosche da monatto. È un'atmosfera piena di energia positiva e inquietante quella nella quale canta Nuove tentazioni di Sant'Antonio, Ballata del carcere di Reading, I musicanti di Brema e Il povero Cristo. Intanto parla del suo disco e, come sempre, lo presenta canzone per canzone illustrando nel dettaglio quello che lui definisce «un punk medievale».

Ad esempio, Danza Macabra «ha un arrangiamento alla Tim Burton, è un pezzo politico perché parla dell'uso della paura e questo è un periodo in cui se ne fa un uso smodato. Oppure, parlando del Testamento del porco, sottolinea che il maiale «è la creatura più simile all'uomo per apparati interni».

Per Ballata del carcere di Reading, dice di essersi ispirato a Oscar Wilde che scrisse i versi dopo la scarcerazione nel 1897: «Wilde, il grande esteta, il salottiero che finisce in carcere va oltre il dolore, non si toglie la vita e scrive versi meravigliosi, quelli che mi piacciono di più». Invece di La belle dame sans merci conferma che è tratto dalla poesia di John Keats e che la «bella dama senza pietà» potrebbe essere l'amore oppure la morte oppure la bellezza. Però c'è anche Perfetta letizia, che prende ispirazione dai Fioretti di San Francesco e si nutre di «quell'italiano aurorale».

E, dopo aver dedicato un pensiero importante a Tiziana Cantone, spiega che La peste, ossia il titolo di un brano, non è riferito ai social network perché «come l'aria ai tempi della peste, sono soltanto il veicolo di trasmissione dell'odio e del voyeurismo del nostro tempo. Anche chi ha condiviso o soltanto riso del video è responsabile di quanto accaduto a Tiziana Cantone. Infine fa un riassunto complessivo di questo disco: «Ho scelto le ballate perché riportano ai trovatori e non sono fatte per durare poco, sono fatte per raccontare storie».

Alla fine, questo è un album totalmente irrituale, sganciato da ogni luogo comune e da qualsiasi necessità di classifica.

«Sono battuto dalla trap, non farò mai più una competizione canora», dice Vinicio Capossela tra il serio e il faceto, dimostrando ancora una volta di essere forse il più libero di tutti.

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