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Lo strano caso Scalfari: bugie e vuoti di memoria

Milano«È ancora Scalfari che ha la memoria corta. La cena con lui e Caracciolo ad Arcore non fu nel 1984 ma diversi anni dopo, nel 1989, quando Scalfari e Caracciolo vendettero le loro quote di Repubblica a Carlo De Benedetti». Così il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, ribatte nuovamente ieri ad Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica: ultima puntata di una querelle - avviata da un intervento di Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, alla trasmissione L’Infedele - che solo apparentemente investe fatti vecchi di venti o venticinque anni. E che invece è calata in pieno nello scontro di oggi tra il gruppo del Cavaliere e il fronte Repubblica-De Benedetti.
Ma chi ha ragione? Come andarono davvero le cose, quando avvenne la cena? 1984 o 1989? E su quale argomento? Dopo avere smentito in diretta De Bortoli, che aveva rievocato la sua visita ad Arcore per chiedere «aiuto» a Berlusconi, Scalfari aveva dato del bugiardo anche a Confalonieri, che aveva ricordato e confermato la circostanza («Scalfari dimostra memoria corta, ad Arcore ci venne, io c’ero»): «Le bugie, caro Confalonieri, hanno gambe cortissime e naso assai lungo», replica Scalfari. La cena ci fu, dice, ma avvenne nel 1984: ben prima, insomma, della «guerra di Segrate».
Scalfari racconta di essere andato da Berlusconi solo per tutelare in qualche modo Retequattro, l’emittente tv che allora era nelle mani del gruppo Mondadori, a sua volta socio di Repubblica. Retequattro era sull’orlo di un fallimento che avrebbe trascinato con sé la casa editrice di Segrate. Scalfari non indica la data esatta della cena, ma dovrebbe trattarsi del primo semestre dell’84, visto che nell’estate di quell’anno il problema Retequattro si risolse con la vendita della rete proprio a Berlusconi.
Tutt’altro lo scenario che disegna Confalonieri: la cena avvenne nel 1989, dopo che Scalfari e Caracciolo - sollevando le ire di «grandi vecchi» di Repubblica come Giorgio Bocca - avevano ceduto quasi tutte le loro azioni a De Benedetti, e mentre Berlusconi e l’Ingegnere si preparavano allo scontro finale per il controllo del colosso editoriale. «Mi dissero che si sentivano come una piccola palazzina circondata da una lottizzazione», dice Confalonieri. Lo scenario evocato dal presidente di Mediaset è chiaro: i due fondatori di Repubblica che, mentre ufficialmente si preparano al fianco di De Benedetti allo scontro con Berlusconi, in realtà vanno a bussare alla porta dell’avversario chiedendo aiuto.
Chi ha ragione? Carlo Caracciolo non è più in vita. Ma la verità si può ricostruire ugualmente, ed è la più semplice: non ci fu un solo incontro, ma ce ne furono due, a distanza di cinque anni l’uno dall’altro. E l’incontro di cui parlano Ferruccio de Bortoli e Fedele Confalonieri non è lo stesso di cui parla Scalfari. Che alla villa di Arcore ci tornò, quando la guerra di Segrate stava deflagrando in tutta la sua virulenza.
A raccontare che un secondo incontro vi fu è un testimone insospettabile: lo stesso Scalfari. Il fondatore di Repubblica ne parla esplicitamente in un suo editoriale pubblicato sull’Espresso il 5 febbraio 2004, intitolato aspramente «Silvio e il suo cane Fidel». Scrive Scalfari a proposito di Confalonieri: «L’ho conosciuto e poi anche frequentato in due fasi diverse: quando eravamo concorrenti, lui in quanto dirigente del gruppo Fininvest, io in rappresentanza del gruppo Espresso, socio di minoranza di Retequattro, allora controllata dalla Mondadori. Poi, qualche anno dopo, quando divenimmo avversari durante la famosa guerra di Segrate». Del primo incontro, quello per perorare la causa di Retequattro, Scalfari offre numerosi dettagli coloriti: cena memorabile, il pianoforte di Toscanini, Confalonieri che suona Gershwin, le confidenze di Berlusconi: «Mi fece delle promesse che naturalmente non mantenne».
Il che non impedisce a Scalfari e Caracciolo di tornare in visita ad Arcore cinque anni dopo. Nel suo articolo del 2004, Scalfari è più avaro di aneddoti, ma conferma che all’incontro erano presenti gli stessi protagonisti: lui e Caracciolo da una parte, Confalonieri e Berlusconi dall’altra. Scrive: «Scene più o meno analoghe si ripeterono con diverso clima ma con identica ripartizione di ruoli tra i due compari nella fase che si può definire “guerra di Segrate”. Silvio prorompeva in lamenti e minacce contro la bellicosità di De Benedetti, Confalonieri lo incitava a ragionevoli compromessi».

È questo, verosimilmente, l’incontro di cui ha parlato in televisione Ferruccio de Bortoli.

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