Gli studenti del Berchet a Napoli per raccogliere la «monnezza»

Non mette in castigo i bambini. Mai. Fa i disegnini colorati sul registro e nemmeno sa cos’è una cattedra. Marilda Brocchieri è la maestra che tutti avremmo voluto. Una specie di Mary Poppins che a fine giornata si ritrova con le mani sporche di pastello e di colla, ha la schiena spezzata ma è pronta a ricominciare daccapo. Qualche giorno fa è stata premiata dal Comune di Milano per i suoi 36 anni di insegnamento. Una cerimonia a sorpresa, ovviamente improvvisata in mezzo ai bambini, immancabili in ogni sua giornata. La voce sottile e allegra di Marilda squilla nelle aule della scuola dell'infanzia di via Tortona 80 da generazioni. Dall'inizio degli anni Settanta. E per i suoi «laboratori» sono passate centinaia di bambini e genitori. Sì, perché ogni sabato mattina la maestra (anche se detesta essere chiamata così. «Sono Marilda e basta. Tanto così mi chiamo solo io») riunisce i suoi piccoli alunni assieme alle loro famiglie e mette tutti a lavorare con i materiali poveri.
Cosa sono esattamente i famosi sabato mattina di Marilda?
«Sono dei momenti in cui si usa lo stesso linguaggio per i bambini e per gli adulti. Lavoriamo con il corpo, giochiamo con la luce, diamo forma alle idee con i materiali: dal fil di ferro, alla lana, ai bottoni. Un po’ come insegna Bruno Munari. Comunichiamo e riflettiamo».
Partecipano tutti i genitori?
«Eccome. E a volte portano pure i figli più grandicelli. Ci sono chirurghi, architetti, portinai e operai che ritornano bambini. Ho visto professionisti sdraiarsi a terra e farsi riempire di cacao dai bambini solo per interpretare l'idea dell'abbronzatura estiva».
Non sono riunioni?
«No, quelle sono formali e noiose. Io creo dei momenti di brio, di divertimento, in cui si costruisce qualcosa. Sono mattinate che forse servono più ai genitori che ai bambini».
Le mamme di oggi sono cambiate rispetto a quelle di ieri?
«Si, oggi si sentono perennemente in colpa perché non dedicano abbastanza tempo ai loro bambini. Allora cercano di compensare con regalini e giocattoli. Durante i laboratori cerco di farle tornare le mamme autentiche che sanno essere. E alla fine sono tutte bravissime e vere».
E i bambini?
«I bambini sono gli stessi di sempre. Quello che è cambiato è il contesto: hanno tanti stimoli, forse troppi. Hanno diecimila giochi, diecimila impegni durante la giornata, diecimila sport».
Hanno anche i videogiochi...
«Eh sì. Non sono contraria a priori al computer. Dico solo che prima di imparare a usare un videogioco è bene che un bambino impari a pasticciare con la terra e con l'acqua. Poi, per carità, va bene anche quello».
Sgrida mai i bimbi?
«Ma non li metto in castigo. Se vedo che si menano o litigano, dico: “Ora vi sedete e parlate: tu dici a lui perché lo hai picchiato e tu perché lo hai provocato”. Alla fine fanno pace da soli e sono più amici di prima».
E quando fanno domande scomode?
«Non rispondo mai con delle bugie o con delle favolette stupide come quelle dei cavoli e delle cicogne che raccontavano me da bambina. Dico la verità, parlo in modo molto semplice e mi fermo là dove è giusto fermarsi».
Cosa le dicono i suoi figli?
«A volte mi prendono per matta. Vedono che spesso lavoro praticamente gratis, che torno a casa con i piedi a pezzi e tutta dolorante. Nadia, che ora ha 27 anni, in passato è anche stata un po’ gelosa di tutti i “miei” bambini».
Usa il registro?
«Ehmm. Si. Ci faccio i disegnini. Lo chiamo il libro del chi c’è e del chi non c’è.

La direttrice mi odierà, ma io non riesco a usarlo per quello che è. Tutto ciò che è burocratico mi annoia. Non sono mai stata dietro la cattedra e a pranzo mangio assieme ai bambini, non con le colleghe».
Però insegna tanto ai bambini?
«Non insegno. Lavoro con loro».

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