Economia

Sviluppo, anche Passera invita a fare di più: "Se non riusciamo a crescere la crisi non finirà"

Dopo l'invito di Ferrara affinché Tremonti faccia di più per rilanciare l'economia italiana, anche Passera chiede un maggiore impegno: "Dobbiamo fare tutti di più". E avvisa: "Se non riusciamo ad aumentare la velocità della crescita non potremo creare nuovi posti di lavoro"

Sviluppo, anche Passera invita a fare di più: 
"Se non riusciamo a crescere la crisi non finirà"

Roma - Investire sulla crescita. Questa la ricetta dell'editoriale di Giuliano Ferrara volto a spronare il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. "Una scossa per lo sviluppo 'a costo zero', la sua teoria, è una contraddizione in termini, è come una dieta dimagrante composta di molta pasta all’amatriciana e di molta cassoeula (me ne intendo, più che di economia e scienza delle finanze)", scriveva Ferrara ieri sul Giornale (leggi qui). Oggi il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, traccia lo stesso percorso: "La crisi non solo non è finita ma se non riusciamo a crescere non finirà". Da qui la necessità di "fare tutti di più".

Serve una frustata meno timida "Se il ministro dell’Economia fa finta di niente - avvertiva ieri Ferrara - se tace e mugugna, se scompare nel momento di decidere, se non aiuta, e se addirittura ostenta sufficienza sprezzante verso i poveretti alla stanga che remano per la crescita, se dice che deve prendere un treno e in cinque minuti si allontana dalla conferenza stampa, e se poi aggiunge che tanto la politica economica si decide in Europa, e magari ammicca al fatto che ci vorrà un’altra stangata e forse, perché no?, un prelievo sul patrimonio mobiliare, be’, la sensazione della presa in giro è forte". Passera non cita l'editorialista del Giornale. Ma la posizione è pressoché identica. Un invito a fare di più. Anche se per Passera non esiste una ricetta ideale, la risposta può arrivare solo dalla crescita economica: per avere investimenti che creino sviluppo e occupazione, la flessibilità è un elemento determinante.

Puntare sull'occupazione "La situazione attuale - sono parole del banchiere - è di grande disagio soprattutto dal punto di vista occupazionale: non sta migliorando anche se non sta peggiorando. La crescita è importante - ha sottolineato - perchè crea nuovo lavoro". Facendo poi presente che la disoccupazione non è solo un problema italiano ma comune a molti paesi industrializzati a eccezioni delle grandi economie emergenti che stanno trainando lo sviluppo mondiale, Passera afferma che "oggi il disagio legato al lavoro è amplissimo nei nostri Paesi". Il problema è ben più ampio delle statistiche ufficiali anche perché riguarda tanti che sono rassegnati e non cercano più un posto di lavoro, come anche chi lavora per aziende in crisi alle soglie della chiusura o in cassa integrazione. Per non parlare poi dei "sottoccupati o dei precari estremi con prospettive di lavoro di tre-quattro mesi".

Velocità della crescita e lavoro Secondo Passera, quindi, "se non riusciamo ad aumentare la velocità della crescita non potremo creare nuovi posti di lavoro". Per questo bisogna avere l’obiettività e la serenità di capire che questa crisi viene da tante cause: "Non c’è una sola ragione come non c’è una sola soluzione". Ma se "dobbiamo fare tutti di più", è anche vero che la flessibilità avrà un ruolo rilevante per attrarre investimenti, creare nuove imprese e nuovi posti di lavoro. "Ci troviamo in un Paese - afferma Passera - dove ci sono delle rigidità che non sono a favore dei giovani: difendono chi ha un lavoro e non chi cerca un lavoro". Rigidità che fanno percepire il nostro Paese come "non flessibile ai cambiamenti e questo porta molti investitori istituzionali" a preferire altri Paesi dove "c’è più capacità di reagire rapidamente ai cambiamenti".

La nascita di nuove aziende A questo punto, Passera ricorda che "le aziende si creano dove è più facile farle nascere e farle finire: gli eccessi di rigidità difendono l’esistente ma non favoriscono i nuovi investimenti laddove le regole rendono difficile la nascita di nuove imprese e la chiusura di altre".

Insomma, secondo il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, "la flessibilità deve essere interpretata come una capacità di attrarre nuovi investimenti, creare nuove imprese e, conseguentemente, nuovi posti di lavoro".

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